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col canone concordato
  • di Vincenzo Malatesta
  • Lunedì 21 Novembre 2016, 09:11

Affitti più trasparenti col canone concordato

Firmata la convenzione nazionale. Durata minima dei contratti: tre anni

Affitti più trasparenti e meno liti in tribunale grazie alla convenzione nazionale per i contratti a canone concordato firmata nei giorni scorsi. Arriva dopo quattordici anni il nuovo testo che sarà il punto di riferimento per sottoscrivere gli accordi territoriali: è stato siglato da oltre quindici associazioni dei proprietari immobiliari e degli inquilini, riunite attorno al tavolo aperto dal vice ministro per le Infrastrutture Riccardo Nencini. E proprio le parti sociali assumono un ruolo di primo piano per le locazioni agevolate “3+2”, per i lavoratori fuori sede e gli studenti universitari: proprietari e affittuari potranno chiedere alle organizzazioni che hanno approvato la convenzione di attestare che il loro contratto è conforme a quanto previsto dall’accordo locale. Il testo della convenzione sarà recepito in un decreto interministeriale, entrando così in vigore.
 
Durata del contratto non inferiore a 3 anni
 
La durata del contratto a canone concordato non può essere inferiore a tre anni ed è rinnovabile tacitamente per altri due. La convenzione nazionale introduce criteri più precisi per la determinazione del canone nella contrattazione a livello locale di cui all’articolo 2, comma 3, della legge 431/98. Negli accordi territoriali le associazioni dei proprietari e degli inquilini individuano zone omogenee nell’ambito di un Comune, anche facendo riferimento alle quotazioni dell’Omi, l’osservatorio del mercato immobiliare dell’Agenzia delle entrate: determinano così una “forchetta” con un minimo e un massimo per l’affitto, tenendo conto anche delle dotazioni e delle infrastrutture dell’area, dai trasporti ai servizi, dal verde pubblico ai negozi. E ora gli accordi potranno essere stipulati in ogni Comune e non soltanto in quelli cosiddetti a “tensione abitativa”, dove il problema della casa è più sentito.
 
Contratti transitori e accordi con i Comuni
 
È confermata la possibilità di stipulare, a particolari condizioni, contratti di natura transitoria con un affitto non libero, ma determinato dagli accordi locali per i Comuni sopra i 10 mila abitanti. Novità pure per il social housing, che si colloca a metà tra l’edilizia popolare e le proprietà private vendute o affittate a prezzo di mercato: si superano i pericoli di «canoni fuori controllo», spiega il Sunia, il sindacato inquilini della Cgil. Le lungaggini e i costi del contenzioso giudiziario si evitano grazie alle procedure di negoziazione paritetica e di conciliazione extragiudiziale delle controversie previste dall’accordo.
 
La cedolare secca

Anche rispetto alle agevolazioni fiscali le parti del contratto possono chiedere che le associazioni firmatarie confermino che il contenuto rispecchia la convenzione: la scelta delle parti sociali è rivolta al canale concordato con cedolare secca: in base al decreto legge 47/2014, infatti, sugli affitti della legge 431/98 è possibile ottenere una tassa “piatta” al 10 per cento fino al 2017, che passerà al 15 per cento dal 2018. Il contratto deve essere registrato entro trenta giorni dalla stipula utilizzando il modello Rli con l’indicazione della tipologia di contratto L2.
 
Benefici fiscali a chi affitta
 
Il proprietario che dà in affitto l’immobile a uso abitativo col canone concordato ottiene l’imposta di registro tagliata del 30 per cento, l’Irpef sul 59,5 per cento del canone annuo e l’imposta ridotta sugli immobili che dipende dal Comune. L’opzione cedolare secca, invece, sostituisce l’Irpef e le addizionali per la parte relativa al reddito dell’immobile e cancella le imposte di registro e bollo normalmente dovute per registrazioni, risoluzioni e proroghe dei contratti. Ma chi sceglie l’imposta al 10 per cento (o al 19, secondo il tipo di immobile) rinuncia all’aggiornamento del canone, compresa la variazione Istat dell’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati dell’anno precedente. Per gli inquilini c’è la detrazione di Irpef 495,80 euro per redditi sopra i 15.493,71 euro e di 247,90  euro se il reddito supera quella soglia ma è comunque inferiore a 30.987,41.
 

 

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