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dal lavoro è anticipata
  • di Bruno Benelli
  • Lunedì 16 Gennaio 2017, 09:15

Debutta Ape, così l'uscita dal lavoro è anticipata

Si riceve l'assegno prima dell'età pensionabile e il "prestito" non si restituisce


Debutta sulla scena previdenziale italiana l’Ape, cioè il prestito in base al quale i lavoratori se vogliono possono chiedere di andare in pensione quasi quattro anni prima della normale età pensionabile (oggi fissata a 66 anni + 7 mesi per gli uomini). Fondamentalmente il prestito si divide in due grosse e ben distinte componenti: la cosiddetta Ape sociale e Ape volontaria.
 
Prestito senza restituzione
 
La prima forma è un grande “affare” per i lavoratori indicati dalla legge, tra i quali anche persone che da sempre o negli ultimi tempi abbiano svolto lavoro domestico in qualità di colf e badanti. Benché si tratti giuridicamente di un prestito, non si paga alcuna restituzione. E’ una specie di “prestito a perdere”, perché la restituzione alle banca che paga la prestazione all’interessato (attraverso l’Inps) se la carica lo Stato, compreso capitale, interessi bancari e polizza assicurativa. A queste condizioni possiamo parlare di un vero e proprio pre-pensionamento gratuito, che supera le restrizioni della riforma Fornero.
 
I requisiti richiesti per ottenere l'Ape
 
Per avere l’Ape è necessario rispondere a specifici requisiti.  Iniziamo dal quadro generale valido per tutti. A) Il periodo in vigore va dal prossimo mese di maggio a dicembre 2018. B) in questo periodo si può chiedere la pensione con 63 anni di età. C) L’anticipo del pensionamento deve essere come minimo di 6 mesi e come massimo di 3 anni + 7 mesi. D) Occorre avere versato 30-36 anni di contributi, come meglio vedremo appresso. E) La futura pensione liquidata dall’Inps al termine dell’Ape non deve superare la somma mensile lorda di 1.500 euro. F) Ulteriore beneficio: si può lavorare nel frattempo, a condizione di non superare 8 mila euro annui se è lavoro dipendente, e 4.800 euro se è lavoro autonomo. G) L’Ape è esente da Irpef, per cui tutti i soldi finiscono in tasca ai lavoratori, i quali, se non hanno altri redditi soggetti a tassa, per tutto quel periodo sono esenti dal fisco.
 
La rata mensile

Circa la misura della pensione è l’Inps che certifica l’esatta rata mensile all’atto della domanda in relazione alla situazione retributiva e contributiva dell’interessato. E se il risultato offre una rata di importo superiore la richiesta viene bocciata.
 
Chi ne ha diritto
 
Questa pensione è riservata a determinate persone. Quali sono esattamente? Dobbiamo dividerle in due gruppi: a) quelli che possono avere la pensione solo se hanno almeno 30 anni di contributi; b) quelli che invece ne devono avere almeno 36. Iniziamo dai 30 anni. Si tratta di: 1) disoccupati di lungo periodo (per licenziamento, dimissioni per giusta causa) che hanno consumato gli ammortizzatori sociali messi a disposizione dall’Inps a titolo di indennità di disoccupazione e sono senza più sussidi da almeno 3 mesi;  2) lavoratori con una riduzione della capacità lavorativa – accertata dalle commissioni per l’invalidità civile - di almeno il 74%; 3) chi assiste al momento della domanda e da almeno sei mesi il coniuge o un parente di primo grado (genitore, figlio)  convivente con handicap grave. Passiamo ora ai 36 anni. Si tratta di lavoratori dipendenti che svolgono una professione pesante e rischiosa svolta in modo continuativo da almeno sei anni. Ecco gli interessati: a) industria estrattiva, edilizia, manutenzione edifici; b)conduttori di gru, di macchinari mobili per la perforazione nelle costruzioni; c) conciatori di pelli e pellicce; d) ferrovie: conduttori e personale viaggiante; e) conduttori di mezzi pesanti e camion; f) professioni sanitarie infermieristiche ed ostetriche ospedaliere con lavoro organizzato in turni; g) badanti di persone non autosufficienti; h) professori scuola pre-primaria; i) facchini, addetti allo spostamento merci e assimilati; k) operatori ecologici e altri raccoglitori e separatori di rifiuti.
 

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