immagine Convivenza difficile tra rumori molesti e cattivi odori. Nel mirino gli impianti
  • di Lucilla Quaglia
  • Lunedì 29 Giugno 2015, 09:51

Convivenza difficile tra rumori molesti e cattivi odori. Nel mirino gli impianti

Quali azioni intraprendere se la casa per difetto degli scarichi è sottoposta ad effluvi maleodoranti. La normativa


La vita di condominio spesso non è facile. Oltre al problema dei rumori ci si può infatti imbattere nel dramma del cattivo odore. Se il proprietario di una mansarda avverte per esempio che dal tetto passano maleodoranti effluvi provenienti dai tubi di scarico fognari, per prima cosa deve verificare la data di consegna dell'edificio e se i vizi siano gravi in base all'articolo 1669 del Codice civile, applicabile anche agli impianti. L’articolo 1669 del Codice Civile afferma che “... se nel corso di dieci anni dal compimento dell'opera, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti, l'appaltatore è responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa purché sia fatta la denunzia entro un anno dalla scoperta. Il diritto del committente si prescrive in un anno dalla denunzia”. In quest'ultimo caso può essere effettuata – da parte del condominio o del condomino – un'azione direttamente contro il costruttore/venditore sulla scorta della giurisprudenza secondo cui l'azione di garanzia ex articolo 1669 del Codice civile ha carattere personale e può essere promossa da ciascun condomino, sia nel caso in cui i vizi denunciati riguardino la cosa comune sia se investono delle unità immobiliari di proprietà esclusiva (Cassazione, 10 aprile 2000, n. 4485).
Convocazione dell'assemblea
Quando invece l'opera è stata ultimata da più di dieci anni o i vizi non sono gravi, il punto di partenza è costituito dall'articolo 844 del Codice civile che riguarda le “immissioni”, nel caso specifico i cattivi odori provenienti dal fondo del vicino. Se le esalazioni non sono particolarmente nocive per la salute, e quindi l'intervento non è urgente – come specificato all'articolo 1134 del Codice civile – per il proprietario della mansarda è sconsigliabile eseguire i lavori senza il consenso dell'assemblea, in quanto non avrebbe diritto a nessun rimborso. Può, invece, chiedere la convocazione dell'assemblea di condominio per deliberare l'esecuzione dei lavori, tenendo conto che la spesa totale dovrà essere poi suddivisa fra tutti i condomini per millesimi.
Accertamento tecnico
Se l'assemblea si oppone il condomino, mediante il suo avvocato, presenta – in contraddittorio con il condominio – il cosiddetto “accertamento tecnico preventivo”: cioè uno strumento previsto dall'articolo 696 del Codice di procedura civile che costituisce una sorta di prova in vista del processo. L'avvocato deposita il ricorso presso il presidente del tribunale competente per territorio e informa la controparte mediante notifica. A sua volta il tribunale, con ordinanza non impugnabile, nomina un consulente tecnico d'ufficio (Ctu) che effettua un sopralluogo e redige una relazione tecnica. Se quest’ultima accerta che le immissioni sono intollerabili il proprietario può agire in giudizio, in via ordinaria, per conseguire, in base al contenuto della relazione, la condanna del condominio a eseguire i lavori e al pagamento delle spese legali e tecniche, oltre all'eventuale risarcimento della diminuita agibilità dei locali e eventuali altri danni. In passato, la valutazione della soglia massima di tollerabilità delle immissioni è stata oggetto di alcune pronunce della Cassazione (n.1418 del 25 gennaio 2006). Alle volte sono invece i vari odori di cucina ad invadere le parti comuni, e non solo, ad ogni ora del giorno e della notte. Facciamo qualche esempio: c’è chi cucina i cavolfiori la mattina alle 7, al piano terra c'è un fabbro e l’odore che sale dalla sua officina è insopportabile e altri casi analoghi, e c'è qualcuno che per fare uscire gli odori dalla propria casa apre la porta sul pianerottolo invece della finestra sul cortile. Queste le lamentele che più spesso si leggono sui social. Le strade sono due: l'azione civile per immissioni intollerabili in base all'articolo 844 del Codice civile e quella penale attraverso una denuncia in base all'articolo 674 del Codice penale. Per quanto riguarda l'azione penale per fatti attinenti i rapporti di vicinato, gli esperti affermano che deve essere considerata l'estrema soluzione ad un problema fino ad allora irrisolto ed altrimenti irrisolvibile.
Il reato di emissione
“Chiunque getta o versa – recita l’articolo 674 del Codice penale - in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone, ovvero, nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti, è punito con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda fino a 206 euro”. Si tratta quindi di un reato contravvenzionale punibile a titolo di dolo e colpa, vale a dire tanto se l'azione è volontaria tanto se è frutto di negligenza.
La prova
In una sentenza della Cassazione del 2008 è stato affermato che in tema di emissioni idonee a creare molestie alle persone, laddove manchi la possibilità di accertarne l'intensità, il giudizio sulla loro esistenza e non tollerabilità ben può basarsi sulle dichiarazioni dei testi, quando non si tratti di valutazioni meramente soggettive ma testimonianze su quanto oggettivamente percepito, soprattutto se si tratta di persone a diretta conoscenza dei fatti, come i vicini, o particolarmente qualificate come gli agenti di polizia e gli organi di controllo della Asl.


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