• di Giorgio Sbordoni
  • Lunedì 26 Ottobre 2015, 11:39

Morosità, l'amministratore obbligato a procedere alla riscossione forzosa

Le somme vanno richieste entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio nel quale il credito è compreso. La normativa

Quella dei condomini morosi è una delle questioni più spinose, crea disagi e preoccupazioni. I creditori faticano a recuperare quanto gli è dovuto e i condomini in regola temono di vedersi addebitare costi maggiori, a causa delle insolvenze di chi non paga. Ma che cosa dice la legge e come è cambiato il quadro, se è cambiato, dopo la riforma?
Obblighi dell’amministratore
L’articolo 1129 del codice civile prevede che “l’amministratore, salvo che sia stato espressamente dispensato dall’assemblea, è tenuto ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio nel quale il credito esigibile è compreso”. Sarah Pacetti, componente della giunta nazionale dell’ANACI, cita in partenza l’articolo seguente, il 1130, nel quale sono previste le attribuzioni dell’amministratore: “Secondo il dettato della norma egli deve ‘riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell'edificio e per l'esercizio dei servizi comuni’. La riscossione dei contributi, quindi, costituisce un obbligo, perché la sua inerzia si ripercuote sull'amministrazione dei beni comuni, di cui poi è tenuto a rispondere. In base all’articolo 63 delle disposizione attuative del codice civile, lo stesso amministratore, per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall'assemblea, senza bisogno di autorizzazione da parte della stessa assemblea, può ottenere un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione, ed è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti, che lo interpellino, i dati dei condomini morosi. È importante chiarire che i creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l'escussione degli altri condomini”.
I casi di mora protratta per sei mesi o di subentro
In caso di mora nel pagamento dei contributi che si sia protratta per un semestre, l'amministratore può sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato. “Chi subentra nei diritti di un condomino – dichiara Sarah Pacetti – è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente. Chi cede diritti su unità immobiliari resta obbligato solidalmente con l'avente causa per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all'amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto”.
Interventi della riforma
Prima della riforma l’Amministratore poteva autonomamente stabilire dilazioni di pagamenti (rateizzazione del debito) senza alcuna delibera dell’assemblea. Questa situazione si verificava quando, alla luce di difficoltà economiche da parte del condomino, l’amministratore accordava una dilazione temporale al fine di rientrare delle quote condominiali insolute senza gravare sul condomino moroso delle spese legali del decreto ingiuntivo e, comunque, nei tempi richiesti per deposito, emissione e notifica del decreto ingiuntivo. “La valutazione che veniva fatta nell’accordare la dilazione era quella di rientrare del debito negli stessi tempi previsti attraverso il ricorso per decreto ingiuntivo con il vantaggio di rientrare mensilmente dei vari acconti a differenza di recuperare gli oneri condominiali direttamente con l’azione giudiziaria (nel periodo tra il deposito, l’emissione e la notifica del D.I. comunque non vi erano versamenti in acconto da parte del condomino moroso); inoltre il condomino in difficoltà non si trovava gravato delle spese legali per il ricorso per decreto ingiuntivo. Ad oggi, con la riforma del condominio, l’Amministratore è obbligato ad agire entro 6 mesi dalla chiusura dell'esercizio nel quale il credito è esigibile. L’unica deroga all’azione di recupero attraverso il ricorso per decreto ingiuntivo può essere fatta solo per tramite dell’assemblea che, come previsto dall’articolo 1129 del codice civile, può dispensare espressamente l’Amministratore. Il termine di sei mesi dalla chiusura dell’esercizio è da intendersi quale termine finale. Il mancato rispetto del termine semestrale non fa venire meno la legittimazione dell’amministratore ad agire, sia pure in ritardo, per la riscossione delle somme dovute dai condomini morosi. L’unica conseguenza del promuovere tardivamente l’azione di recupero della morosità è l’eventuale responsabilità dell’amministratore nei confronti del condominio”.
La privacy
Prima della riforma l’Amministratore non poteva fornire il nome dei condomini morosi al terzo creditore se non su richiesta espressa del giudice. Con la riforma, invece, è stato espressamente chiarito che in base alle disposizioni attuazione del codice civile, l’Amministratore “è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti, che lo interpellino, i dati dei condomini morosi”. Per farlo non occorre verificare il consenso del condomino interessato, non essendo richiesto per adempiere ad un obbligo previsto dalla legge.
Obbligo di cooperazione
I creditori possono agire nei confronti degli adempienti solo dopo avere infruttuosamente escusso i morosi. Si tratta per l’amministratore di un dovere legale di salvaguardia dell’aspettativa di soddisfazione dei terzi titolari di crediti derivanti dalla gestione condominiale. Ciò delinea un obbligo di cooperazione con il terzo creditore posto direttamente dalla legge in capo all’amministratore, che esula dal contenuto del programma interno al rapporto di mandato corrente tra lui ed i condomini.


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