Ha uno sguardo sornione. Sembra pacioso, ma sono apparenze. Bisogna parlarci una decina di minuti - prima fuori dal ristorante, poi in ascensore fino al Salone Garibaldi, fissando il panorama fuori da una finestra, premurandoci infine di accompagnarlo in ufficio - per capire un po’ il tipo. E che aria tira. E tirerà tra i grillini. Piccolo aneddoto: il suo appartamento dietro la
Camera durante la crisi estiva diventò - insieme alla casa di Pietro Dettori - il quartier generale del
Movimento. Appena finiva un bilaterale con il
Pd, gli allora capigruppo
Stefano Patuanelli e
Ciccio D’Uva andavano a casa sua per fare il punto. E subito si aggiungevano tutti gli altri big.
Crimi, allora complimenti!
«Più che altro mi servirà un in bocca al lupo bello grande».
Beh, in effetti nessuno vorrebbe stare al suo posto: dopo l’addio di Di Maio, con le regionali alle porte, le tensioni nel governo, i dossier delicati. Lo ammetta: le tremano i polsi?
«Ma noooo. Allora se devo dirla tutta sono sereno: sa in questi anni quante ne ho viste?».
E superate?
«Sì. Insomma, porterò avanti il mio ruolo con giudizio. E so reggere lo stress».
Oggi (ieri-ndr) riunirà i ministri del M5S per poggiare la spada sulle spalle del nuovo capodelegazione a Palazzo Chigi?
«Non ho riunioni in programma con i ministri, con alcuni di loro ci siamo sentiti. Ma tra poco, dopo pranzo, vedrò i facilitatori, il team del futuro».
Ma non è che farà il passacarte del Movimento in attesa di questi famosi stati generali? Insomma, sarà un burocrate?
«Nessun passacarte, ora il capo (del M5S-ndr) sono io».
Ma i problemi non mancano. Grillo continua a stare zitto, un po’ spiazzato dal tempismo della mossa di Di Maio.
«Grillo è sereno, l’ho sentito anche oggi. E con Beppe parlo io: è tranquillissimo, fidatevi».
Ma queste sono frasi di circostanza: non si capisce il Movimento che fine farà e chi lo guiderà in futuro. E poi mai con il Pd o sempre ormai con il Pd?
«Calmi, andremo avanti. Certo ci sarà una fase nuova che sarà discussa da tutti nelle sedi opportune».
Ma lei perché appare così antipatico? In fin dei conti non lo è. C’è di peggio.
«Ma siete voi giornalisti che mi prendete sempre di mira da anni. Soprattutto all’inizio. Una pressione incredibile».
Non per difendere la categoria, ma è lei che ha detto che i giornalisti «le stanno sulle scatole» (l’espressione fu molto più colorita). È ancora così? Da reggente o capo del Movimento ora dovrà comunicare.
«Vuole sapere come andò quella storia?».
Certo.
«Allora era notte, ero stanco morto, appena uscito da una lunga riunione, snervante. Passeggiavo per il centro storico di Roma».
Continui continui.
«Niente, incontrai due ragazzi universitari che iniziarono a farmi delle domande sui giornalisti. Non mi accorsi che mi stessero registrando. E così mi sfogai. Poi mi sono scusato. Però lo ripeto: ero stanco. E sotto pressione».
Ma lei è stato anche sottosegretario all’Editoria nel Conte 1 con posizioni molto dure (il compianto direttore di Radio Radicale, Massimo Bordin, lo soprannominò «gerarca minore» ndr).
«Ma io i giornalisti non li odio. Sono stato preso di mira, da sempre».
Mitica la foto del suo pisolino sugli scranni del Senato.
«Ricordo, ci fu quella foto, certo. Ma non solo quella. Il Movimento, soprattutto all’inizio, fu preso molto di mira».
Oggi come si è svegliato?
«Con altri attacchi. Ma come si fa a scrivere che io ho lasciato mia moglie per mettermi con una deputata che nel frattempo mi sono fatto crescere la barba e che sono dimagrito. Ma come si fanno a scrivere queste cose?».
Che poi forse non è così tanto dimagrito.
Ride: «Appunto».
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