di Simone Canettieri
venerdì 9 agosto 2019, 10:22Di Maio e la tagliola del secondo mandato: «Pugnalato alle spalle il Paese»
«È finita». Quando Matteo Salvini esce dalla stanza del premier Conte, Luigi Di Maio, anche lui a Palazzo Chigi, capisce che la situazione è precipitata. E che non sarà più rimediabile. «Non ci saranno maggioranze alternative», dice uno tra i suoi più fidati consiglieri. Niente accordo con il Pd. Nemmeno per la finanziaria.
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Allo stesso tempo Di Maio è consapevole che la sua esperienza parlamentare rischia di essere arrivata al capolinea: «Luigi non chiederà una deroga al secondo mandato», spiega ancora un sottosegretario a lui molto vicino. «Ma il tema non è all'ordine del giorno», tagliano corto dal suo staff. Non glielo permetterebbero Grillo e Casaleggio, e soprattutto Alessandro Di Battista. Anche se la situazione è molto complicata e in queste ore ci sono le forti spinte dei senatori grillini affinché la regola sacra venga rivista e messa al voto su Rousseau. «Un anno di governo è troppo poco: non possiamo perdere un patrimonio di competenze», è il ragionamento che circola tra i big della Camera.
Il Movimento, dicono gli uomini di «Luigi», è compatto. E trapela anche un incontro avuto da Di Maio con Di Battista intorno all'ora di pranzo. Il front man grillino intanto scalda già i motori: la deroga al secondo mandato dipenderà da Dibba. Se dirà di sì salverà tutti i colonnelli, altrimenti partirà la «rifondazione» del Movimento. Nel dubbio proprio Di Battista da ieri è ufficialmente già in campagna elettorale con questo slogan: «Salvini è uno schiavo del sistema».
LE ANIME
Per il Movimento Cinque stelle è una giornata da incubo. Dall'ultimo dei peones ai big arrivati al secondo mandato è tutta una catena di telefonate. E di sfoghi. Di Maio schiuma rabbia nei confronti del leader della Lega: «Ha pugnalato il Paese alle spalle, ora aumenterà l'Iva: ha preso in giro gli italiani su tutto. A partire dalla flat tax. Salvini ha pensato solo ai suoi interessi e non a quelli del Paese».
Il Capo dei Cinque stelle collega la crisi al no della Lega di votare la riforma costituzionale che prevede il taglio dei parlamentari. «Salvini me l'ha chiesta come condizione per non staccare la spina: voleva che bloccassimo la riforma perché Forza Italia e Fratelli d'Italia erano contrari e anche lui aveva problemi al suo interno».