di Bruno Benelli

lunedì 9 maggio 2011, 16:01

Pensione troppo "magra" per i lavoratori domestici

Un mix negativo di salari bassi e aliquota contributiva ridotta

Se la colf versa i contributi Inps per almeno 24 ore a settimana (1.248 nell’anno) si vede riconoscere dagli uffici l’intera settimana nella pensione. Se versa su orari inferiori si vede contrarre in proporzione il periodo utile alla pensione. La colf che lavora 12 ore a settimana (624 nell’anno) vedrà il proprio conto contributivo aumentare di soli sei mesi; se lavora 18 ore (936) di soli nove mesi.
Nel caso in cui l’interessata abbia diritto alla pensione calcolata con il sistema retributivo le poche ore di lavoro diventano un bel guaio. Infatti per la pensione occorre avere come minimo 20 anni di contributi. Perciò chi per ogni anno di lavoro raggranella solo mezz’anno di anzianità contributiva dovrà lavorare 40 anni per raggiungere i 20 necessari per legge.

Bastano 5 anni
Il problema perde abbastanza la sua carica negativa se invece la pensione è calcolata con il metodo contributivo. Infatti per chi ha iniziato l’assicurazione Inps solo dopo l’anno 1995 la pensione di vecchiaia è riconosciuta con soli 5 anni di versamenti e non più con 20. Per cui diventa più facile raggiungere il diritto. Alla colf che lavora la metà delle 24 ore settimanali basteranno ad esempio 10 anni di versamenti (e non più 40).

Tre motivi
Spesso si sente dire: “Ma perché dal lavoro domestico derivano sempre pensioni di pochi euro? I contributi vengono versati per lunghi periodi, ma il risultato è sempre deludente”. La considerazione colpisce nel segno, ma tutto ciò dipende dai seguenti motivi: a) la bassa paga sulla quale si calcolano i contributi; b) il tipo di lavoro che spesso è precario, ha interruzioni, non è svolto a tempo pieno; c) la ridotta percentuale contributiva, pari al 20,97%, rispetto al 33% richiesto agli altri lavoratori dipendenti. Mischiando e sommando questi fattori il risultato non può essere che uno: pensione di gran lunga inferiore al trattamento minimo.

Dodici ore a settimana

Prendiamo ad esempio la colf che lavora12 ore a settimana e versa il contributo orario Inps della prima fascia (1,36 euro). Il contributo per la pensione è calcolato su una retribuzione “convenzionale” di 6,50 euro l’ora, che vale anche se la colf di fatto ha un salario più basso o più alto fino a 7,34 euro. Facciamo finta che la colf lavori sempre 12 ore per 40 anni di seguito e che il contributo resti sempre lo stesso. Ebbene, in un anno la colf versa 850 euro di contributi Inps e in 40 anni 34 mila euro (il calcolo lo facciamo senza le rivalutazioni annue dei singoli versamenti). A 65 anni chiede la pensione contributiva che riconosce al castelletto dei contributi versati l’”interesse” del 5,620.
Risultato? L’interessata avrà la pensione di 1.910 euro annui e mensile di 160 euro.

Quaranta ore a settimana
Se la colf lavorasse il doppio e cioè 24 ore a settimana, avrebbe una pensione di 320 euro al mese. Se invece lavorasse 40 ore a settimana (colf o badante a tempo pieno) verserebbe il contributo orario di 99 centesimi sulla retribuzione convenzionale fissa di 4,72 euro e dopo 40 anni avrebbe a disposizione (anche qui non si tiene conto delle rivalutazioni annuali) un deposito contributivo di 82.370 euro e una pensione di 5.600 euro annui, pari a 460 euro al mese.
Persino con 40 ore di lavoro settimanali dopo 40 anni non si raggiunge la pensione minima che quest’anno è di 467 euro.

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