immagine Vendita, non sempre tassata la plusvalenza
  • di Oliviero Franceschi
  • Sabato 20 Aprile 2013, 19:54

Vendita, non sempre tassata la plusvalenza

Gli immobili esenti dal prelievo. Le imposte sul reddito

Con la situazione economica incerta molti italiani sono stati costretti a disfarsi di alcune loro proprietà. L’amministrazione da parte sua vigila e controlla. Ecco il quadro per non fare errori..
Identikit del venditore
Vendere una casa non è impresa facilissima in un momento economico caratterizzato da carenza di liquidità. Tuttavia spesso gli italiani scelgono questa opzione per ridurre il carico fiscale o per esigenze finanziarie. L’immobile tipo che viene messo sul mercato è la seconda casa o il box, magari ricevuti in eredità chissà quando e finora tenuti a disposizione in attesa di tempi migliori. Con l’avvento dell’Imu, le minacce della Tares (l’imposta sui rifiuti che dovrebbe “impennarsi” a dicembre) e il perdurare di una crisi che pochi economisti avevano previsto, capita che le famiglie decidano di privarsi di un bene immobile ritenuto ormai un lusso impossibile.
Tassa di registro, ipotecaria e catastale
Quando si vende un immobile, le imposte tipiche sulla compravendita come l’imposta di registro, l’imposta ipotecaria e quella catastale sono a carico dell’acquirente. Il venditore perciò è esente da pendenze con il fisco, almeno per quanto riguarda l’atto di vendita stipulato dinanzi al notaio. Sono invece a carico di chi vende le imposte sul reddito (per fortuna solo eventuali) che sono dovute sulla plusvalenza, cioè sulla differenze tra il prezzo di acquisto e il prezzo di vendita dell’immobile. Nel calcolo della plusvalenza il prezzo di acquisto va aumentato dei costi inerenti se documentati, come ad esempio le imposte pagate sull'acquisto e le spese notarili per l'atto di acquisto.
Redditi “diversi”
Il valore della plusvalenza è considerato come uno dei redditi appartenenti alla categoria dei “redditi diversi” e, come tale, si dichiara nel modello Unico nel quadro RL oppure nel 730 nel quadro “D”. La plusvalenza è assoggettata a tassazione ordinaria con le normali aliquote Irpef oppure, nell’ipotesi di vendita di terreni edificabili, a tassazione separata.
Plusvalenze
Per fortuna non tutte le plusvalenze vanno dichiarate al fisco e sottoposte a tassazione. Innanzitutto non si pagano imposte se la plusvalenza deriva dalla cessione a titolo oneroso di immobili acquistati o costruiti da più di cinque anni. Inoltre sono esenti dal prelievo gli immobili pervenuti per successione; quelli ricevuti in donazione quando rispetto alla persona che ha donato l’immobile, siano trascorsi cinque anni dall’acquisto o costruzione dello stesso; le unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo trascorso tra l’acquisto (o la costruzione) e la vendita siano state utilizzate come abitazione principale del venditore o dei suoi familiari. Insomma a ben vedere le ipotesi di esonero dal pagamento dell’Irpef non sono poche. La logica alla base di queste disposizioni è che l’amministrazione tassa le operazioni potenzialmente “speculative”, quelle in cui si compra un appartamento per poi rivenderlo dopo poco tempo ad un prezzo maggiore lucrando sulla differenza di prezzo. Viceversa vengono salvate le compravendite fisiologiche dei cittadini, quelle effettuate su immobili posseduti da molti anni oppure comunque utilizzati come abitazione principale dal proprietario o dai suoi congiunti.
Imposta sostitutiva
Anche laddove la plusvalenza fosse tassata, non disperate. Infatti in alcuni casi è previsto un sistema alternativo a quello “ordinario”, che potrebbe rivelarsi vantaggioso. Il venditore può chiedere all’atto della vendita, con dichiarazione resa al notaio, che sulle plusvalenze realizzate sia applicata un’imposta sostitutiva di quella sul reddito, con aliquota del 20%.E’ il notaio stesso che provvede ad applicare e a versare l’imposta sostitutiva, ricevendo naturalmente dal venditore la somma; successivamente il notaio deve comunicare all’Agenzia delle Entrate i dati relativi alla compravendita. La tassazione in base all’imposta sostitutiva non può essere chiesta dal cedente quando si vende un terreno su cui sono stati eseguiti lavori di lottizzazione oppure un fabbricato costruito sul terreno stesso o infine venga ceduto un terreno edificabile.
Immobili donati
Quando oggetto della vendita è una casa ricevuta in donazione, la plusvalenza realizzata va tassata solo quando al momento della cessione non siano ancora trascorsi cinque anni dal giorno in cui il donante ha acquistato l’immobile. In tal caso la plusvalenza è pari alla differenza tra il corrispettivo della cessione e il costo di costruzione o di acquisto sostenuto dal donante.
Il prezzo da dichiarare
In tutte le ipotesi in cui non viene tassata la plusvalenza, il venditore non ha nessun motivo per dichiarare un prezzo inferiore a quello realmente incassato, dato che non paga alcuna tassa. In ogni caso il venditore ha “interesse” a far risultare il vero prezzo, per evitare in tal modo che ai controlli sulle movimentazioni bancarie effettuabili dal fisco appaiano somme "in nero" di cui non saprebbe dare spiegazioni: nella vendita di immobili, ovviamente, si parla di somme di un certo rilievo, normalmente almeno a 4 zeri e le sanzioni sono a queste “adeguate”. Ma anche l'acquirente in molti casi non ha più motivo di dichiarare una somma minore del prezzo pagato, poiché dal 2006 nelle compravendite non soggette a Iva di immobili ad uso abitativo e pertinenze, effettuati nei confronti di persone che non agiscono nell’esercizio di attività commerciali, professionali o artistiche, le persone fisiche possono pagare le imposte di registro, ipotecarie e catastali sul valore catastale, indipendentemente dal prezzo di acquisto.

Hanno collaborato Daniele Cuppone e Alberto Martinelli

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