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dell'acconto di novembre
  • di Oliviero Franceschi e Alberto Martinelli
  • Lunedì 12 Settembre 2016, 09:34

Riduzione o azzeramento dell'acconto di novembre

Per chi prevede un reddito imponibile inferiore a quello dello scorso anno

Al ritorno dalle vacanze molti contribuenti hanno le tasche vuote e cercano il modo di risparmiare qualcosa. Una chance da considerare entro settembre è quella di non versare l’acconto di novembre o almeno di ridurlo..

 Il secondo acconto

Per chi presenta il modello 730 avendo un sostituto d’imposta, anche l’acconto di novembre viene trattenuto direttamente da quest’ultimo (datore di lavoro o ente pensionistico) sulla busta paga o sul rateo di pensione del mese di novembre. L'importo dovuto è indicato nella riga 95 del modello 730/3 ed è calcolato in base a quanto si è pagato per i redditi del 2015. Chi però prevede di conseguire per il 2016 un reddito imponibile inferiore a quello dello scorso anno, può seguire una procedura diversa: calcolare personalmente l'acconto di novembre sull'imposta che prevede sia realmente dovuta per il 2016 e informare del nuovo importo il sostituto d’imposta, entro il prossimo 30 settembre, presentando un’apposita comunicazione.

 Quando tagliare l’acconto

Questa opportunità riguarda chi, per qualsiasi motivo, sa già che nel 2016 guadagnerà meno dell’anno passato: chi, ad esempio, quest’anno non avrà redditi occasionali da dichiarare, oppure ha venduto una casa, un garage o una cantina su cui magari pagava l’Irpef perché erano affittati. Per esempio, se quest'anno avete venduto un appartamento esente Imu, il reddito dei fabbricati del 2016 - quasi sicuramente - sarà inferiore a quello dell'anno precedente: quest'ultimo va calcolato solo per il periodo dell'anno in cui si è protratto il possesso. Ricordiamo che in tal caso il guadagno della vendita non va dichiarato, a meno che tra la data di vendita e quella di acquisto siano trascorsi meno di 5 anni (per l'abitazione principale o i fabbricati avuti in successione la regola dei cinque anni non si applica comunque mentre per le donazioni le cose sono un po’ più complicate).
Il minor reddito 2016 potrebbe derivare dalla diminuzione o cessazione del canone di locazione degli immobili affittati o ancora perché è venuto meno un consistente reddito esposto nell’ultimo 730. Possibilità di riduzione anche per chi nel 2016 ha sostenuto o sosterrà maggiori spese detraibili o deducibili: versamenti in beneficenza alle Onlus, nuove coperture assicurative, interessi passivi per il mutuo prima-casa, spese di ristrutturazione con detrazione del 50% e così via. Anche il sostenimento di maggiori spese mediche, o la stipula di una polizza previdenziale, o addirittura l’assunzione di una colf o di una badante, potrebbero comportare una minore Irpef da versare per il 2016 e quindi dare origine ad un minore acconto dovuto.

 I conti da fare

Se pensate che ne valga la pena, simulate una vera e propria dichiarazione dei redditi per il 2016 (come se l’anno fosse già terminato) tenendo conto di tutte le regole fiscali in vigore per il 2016 (aliquote, detrazioni per oneri di famiglia, ecc.) e dei redditi e delle spese che si prevedono per l’anno in questione. Una volta rifatti i conti e arrivati all’imposta dovuta (riga “differenza”), dato che la misura dell’intero acconto 2016 è stata aumentata già da tempo al 100%, potete rideterminare la seconda rata dell’acconto Irpef (quella che appunto si paga il 30 novembre) semplicemente sottraendo quanto versato come prima rata di acconto a giugno, luglio od agosto. A questo punto, se “l’autoriduzione” è davvero conveniente, comunicate la vostra scelta al sostituto d’imposta. Se, per esempio, dai nuovi conteggi risulta un acconto globale “presunto” di 1.000 euro e a luglio vi sono state già trattenute 1.800 euro come primo acconto Irpef, ora potrete non pagare nulla.
 
Ravvedimento

Se, comunque, le previsioni si rivelassero sbagliate (e cioè venisse versato un acconto inferiore al dovuto) si potrà, comunque, regolarizzare la propria posizione usufruendo del ravvedimento operoso, entro il termine di presentazione della prossima dichiarazione. Per farlo, basterà versare, oltre alla differenza dovuta, rispettivamente la sanzione ridotta dello 0,1% al giorno (se si paga entro 14 giorni dalla scadenza),  dell’1,5% (se si regolarizza entro 30 giorni dalla data di scadenza dell’acconto), dell’1,67% se si regolarizza entro 90 giorni e del 3,75% (se si regolarizza successivamente), più gli interessi legali dello 0,20% annuo, calcolati per ogni giorno di ritardo dal 1° dicembre 2016.
Se invece non ci si accorge dell’errore, scatterà la sanzione del 30% (dopo i 90 giorni) sulle somme non versate o versate in meno, oltre agli interessi. Tuttavia, anche in questo caso, il Fisco consente di  “alleggerire il danno”, riducendo la sanzione al 10% se il pagamento avviene entro 30 giorni dal ricevimento dell’avviso bonario.

 Hanno collaborato Daniele Cuppone e Enrico Rabitti
 

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