• di Lucilla Quaglia
  • Venerdì 4 Dicembre 2015, 23:01

Tendenze: crescono gli "home restaurant" con pranzi e cene "low cost"

Dalla convivialità con gli amici alla cucina per gli estranei. Dal Ministero dello Sviluppo il primo vademecum di regole
Nuove idee in casa per stare insieme all’insegna della buona tavola e far quadrare il bilancio in tempo di crisi. Come? Con gli “Home Restaurant”, sempre più diffusi lungo lo Stivale e nella Capitale. Basta avere uno spazio adeguato, passione per la cucina, doti comunicative e si è pronti ad ospitare gente a cena. Si chiamano “Home Restaurant” e sono ristoranti gestiti in casa dai proprietari e aperti ad amici ed estimatori. Attenzione però: all’inizio queste attività erano molto più libere mentre ora, se si vuole emettere un vero e proprio conto, deve essere stata prima presentata al comune di riferimento adeguata richiesta di autorizzazione.
La Risoluzione del Ministero dello Sviluppo Economico
Il principale riferimento legislativo è costituito dalla Risoluzione del Ministero dello Sviluppo Economico del 10 aprile scorso, n.50481, che ha provato a fare chiarezza sul fenomeno degli Home Restaurant italiani.
Presentazione della Scia per avviare l'attività
Secondo il Ministero questi ultimi vanno equiparati a ristoranti veri e propri e per avviare l’attività si deve necessariamente presentare una SCIA, ovvero una Segnalazione Certificata di Inizio di Attività. Cosa che è stata fatta, affermano gli interessati, incappando però in numerose problematiche che al momento lasciano la questione con un grosso interrogativo. “Gli home restaurant sono un’attività economica – si legge nella Risoluzione – e l’attività, anche se esercitata in alcuni giorni e tenuto conto che i soggetti che usufruiscono delle prestazioni sono in numero limitato, non può che essere classificata come un’attività di somministrazione di alimenti e bevande, in quanto anche se i prodotti vengono preparati e serviti in locali privati coincidenti con il domicilio del cuoco, essi rappresentano comunque locali attrezzati aperti alla clientela. La fornitura di dette prestazioni comporta il pagamento di un corrispettivo: quindi, anche con l’innovativa modalità, l’attività si esplica quale attività economica in senso proprio”. Per tale motivo per queste cene è prevista, per ora, solo un’offerta libera. A meno che non si sia in regola con la legge.
A Roma, dal Centro all'Eur, a Testaccio
Attualmente a Roma ne esistono diversi, rintracciabili ad esempio sul portale www.gnammo.com: vanno dal centro storico all’Eur passando per Testaccio, con tanti menù tutti da gustare. Qui in genere si respira un clima piacevole e conviviale: lo stesso che si vive in una qualsiasi casa. Spesso poi i proprietari, cuochi per elezione, amano pubblicare le ricette che riescono meglio online e confrontarsi con chi, come loro, coltiva una passione smisurata per la buona tavola e la ricerca per le nuove ricette. “Non siamo un ristorante – dicono alcuni - e non vogliamo esserlo, non pratichiamo ristorazione regolare e quotidiana, facciamo semmai selezionati e saltuari appuntamenti di social eating tra amici”. C’è chi crea addirittura dei siti dedicati per approfondire temi legati al cibo, alla cultura enogastronomica, alla convivialità e tramite queste pagine intende promuovere la buona tavola e le tradizioni enogastronomiche avendo come centralità la propria casa. Capita inoltre che chi organizza cene social nella Città Eterna si diverta anche a raccontare la storia di secoli e secoli di gastronomia romana. Diciamo che alla fine l’attività presenta un piccolo guadagno. “In ogni caso – sottolineano – siamo tutti in attesa che il Parlamento affronti finalmente la questione e venga discusso il disegno di legge che dovrebbe regolamentare il fenomeno e che invece giace ancora in un cassetto”.
Giardini e terrazze
A Roma per 5-6 mesi l'anno è inoltre possibile mangiare fuori, se il tempo lo permette. L'atmosfera è molto informale e spesso e volentieri gli ospiti iniziano a parlare intavolando delle conversazioni che si protraggono per tutta la serata. Una cosa questa che difficilmente accade quando si va a cena. Gli anglosassoni lo chiamano "Social eating", ovvero mangiare in modo informale in casa di amici insieme a persone che a volte non si conoscono direttamente. Quando la temperatura si fa più pungente si apparecchia in veranda o in salottino. In veranda a volte si possono ospitare fino a 10 persone, se lo spazio lo consente. Esistono inoltre case dove si cucina anche per i bambini, e questo ovviamente accade quando ai fornelli ci sono dei “genitori”.
Associazioni e home dinner
A Milano esistono invece associazioni culturali, per chi vuole partecipare ad una home dinner, che prevedono una tessera annuale di 10 euro. Una cena costa intorno ai 30/40 euro. Cucinano i padroni di casa che si avvalgono dell’aiuto di uno chef. Oltre alla cene in casa sono poi previste serate teatrali e concerti. Per cenare con questo tipo di soluzione c’è una lista d’attesa di tremila persone. Gli organizzatori hanno iniziato l’esperienza invitando i propri contatti (via email e social). Poi in poco tempo la popolarità è esplosa, grazie a molti blogger che sono venuti a cena e hanno recensito bene.
Così all’estero
All’estero sono nate molte reti che raggruppano attività simili, come l’olandese Dine The dutch((http://www.dinewiththedutch.com), l’americana Hush (http://www.hushsupperclub.com) e la francese Hidden Kitchen (www.hkmenus.com).



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