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gli anni di lavoro all'estero
  • di Bruno Benelli
  • Lunedì 18 Dicembre 2017, 10:23

Pensione Inps, come recuperare gli anni di lavoro all'estero

Nei Paesi dell'Ue scatta in via automatica la "totalizzazione", ma per l'attività svolta in altri Stati necessario riscattare i contributi 

Per i lavoratori che hanno lavorato o lavorano all’estero per più anni si pone il problema di non perdere i periodi nella pensione italiana.  E’ possibile recuperarli? Certamente sì. Ma a questo proposito c’è una abissale differenza a seconda del paese straniero di lavoro. Da questo punto di vista del riscatto il mondo si divide in due settori: a) il primo è composto dai paesi membri dell’Unione europea (Ue) e dai paesi extraUe legati al nostro da convenzioni di sicurezza sociale, quali, ad esempio: Australia, Argentina, Canada, Usa, Venezuela, Brasile, ecc.; la seconda è formata dal “resto del mondo”, cioè da tutti gli altri stati.
 
Totalizzazione
 
Nel primo caso non c’è problema. Scatta in via automatica l’istituto della totalizzazione, in virtù del quale i periodi di lavoro all’estero, regolarmente retribuiti e assicurati, sono sommati ai periodi italiani per permettere al lavoratore di raggiungere il diritto a pensione. Così, ad esempio, un lavoratore che ha lavorato 15 anni in Germania, o in Canada o in Brasile  e altri 28 anni in Italia con la totalizzazione ha 43 anni di contributi e perciò  può  chiedere la pensione anticipata che in Italia richiesta per un uomo 42 anni + 10 mesi di versamenti. Ovviamente la pensione Inps sarà calcolata sui 28 anni di contributi. Gli ulteriori 15 anni daranno vita a una pensione straniera, che ovviamente sarà calcolata e liquidata secondo i requisiti e le modalità prevista dalla legge nazionale di quel paese. Come si vede è un’operazione completamente al di fuori del concetto di riscatto, che postula un pagamento.
 
Riscatto
 
Nel secondo caso il problema c’è e come. I periodi  di lavoro svolto, ad esempio, nei Paesi arabi, in India o Giappone, in Russia o in Kenia, ecc.  sono perduti ai fini della pensione italiana. Per superare l’inconveniente il lavoratore deve chiedere il riscatto dei periodi: solo così può  fisicamente “traslocarli” in Italia. Attenzione: non necessariamente questi periodi non devono essere coperti da contribuzione straniera. E’ possibile che essi siano assicurati nel paese straniero e che perciò il lavoratore potrà chiedere anche una pensione straniera, sempreché abbia raggiunto i requisiti chiesti dalla legislazione locale. In sostanza quel periodo estero varrà due volte: la prima nel paese straniero come periodo coperto da contribuzione obbligatoria, la seconda in Italia in virtù del riscatto.
 
La domanda
 
Per il riscatto è necessario  presentare all’Inps la domanda corredata dai documenti che oggettivamente  e senza ombra di dubbio provino che il rapporto di lavoro estero sia davvero esistito e durato per tutto il tempo indicato dall’interessato. E deve essere provata anche l’esistenza e la misura della retribuzione riscossa. Ma se la prova della busta paga non c’è l’Inps determina il salario sulla base dei minimali contributivi richiesti in Italia o, se il lavoro è anteriore al 1982, sulla base di tabelle predeterminate.

I documenti
 
Quali sono i documenti necessari per provare il lavoro?  Vanno benissimo i documenti originali di lavoro, quali, ad esempio, le lettere di ingaggio, la comunicazione di assunzione e di termine lavoro, ovviamente le buste paga e altre dichiarazioni aziendali dell’epoca.  In alternativa si possono presentare dichiarazioni delle autorità consolari  italiane o di pubbliche amministrazioni straniere che controllano l’immigrazione.  Dei documenti stranieri va fornita anche la traduzione in italiano, convalidata dall’Ambasciata o dal Consolato italiani. Oppure da traduttori italiani autorizzati a fare ciò.
 
 
 

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