immagine Animali domestici, si configura il reato di disturbo solo quando è danneggiata una pluralità di persone
  • di Giorgio Sbordoni
  • domenica 1 febbraio 2015, 19:36

Animali domestici, si configura il reato di disturbo solo quando è danneggiata una pluralità di persone

La Cassazione: nel caso di rumori che ledano i diritti del singolo sarà questi che dovrà intentare, personalmente, causa risarcitoria




Gli animali domestici sono i nostri migliori amici? Per molti, forse, ma non per tutti. Almeno a vedere quello che spesso succede nei nostri condomini. Chi ha un cane lo sa bene. Nel lungo elenco di faide da manuale tra vicini di casa, cani, gatti & company hanno un posto di tutto rispetto.
Cosa dicono le norme
È bene chiarire subito un punto. Di norma, gli animali possono vivere in condominio. “La detenzione degli animali – ci spiega Sarah Pacetti, componente della Giunta nazionale dell’Anaci – può essere vietata solo se, nel regolamento condominiale di tipo contrattuale, ne viene fatta esplicita menzione”.
Disturbo della quiete
Per entrare nel vivo della questione, toccando una delle fattispecie più comuni di litigio, se il cane abbaia non è disturbo della quiete finché disturba solo il vicino e non una pluralità di persone. L’articolo 844 del codice civile stabilisce che il normale comportamento degli animali non è perseguibile penalmente. Perché vi sia reato, ha stabilito la Cassazione, è necessario che i rumori siano obiettivamente idonei ad incidere negativamente sulla tranquillità di un numero indeterminato di persone. “In un’altra sentenza, emessa sempre dalla Cassazione, - ci spiega Sarah Pacetti – si afferma che, per configurare il reato di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone, previsto dall’articolo 659 del codice penale, non è sufficiente che il disturbo venga arrecato ad una persona, ma è necessario che esso riguardi una pluralità di persone. Infatti, l’interesse specifico tutelato dalla norma è quello della pubblica tranquillità. E’ necessario, dunque, che i rumori derivanti dagli animali, siano obiettivamente idonei ad incidere negativamente sulla tranquillità di un numero indeterminato di persone. L’amministratore di condominio non è legittimato ad intraprendere - né autonomamente né in forza di delibera adottata a maggioranza - un giudizio di natura risarcitoria volto alla tutela del diritto alla salute dei condomini, rientrando tale diritto tra quelli esclusivi e personali. Nel caso di immissioni di rumori che ledano i diritti del singolo condomino, sarà quest’ultimo che dovrà intentare, personalmente, causa risarcitoria”.
Casi specifici
“Nel caso in cui il regolamento vieti la detenzione di animali che creino problemi di igiene e tranquillità del condominio – dichiara Sarah Pacetti – la presenza di animali non è da sola sufficiente a violare tale divieto, ma è altresì necessario che l’animale rechi effettivamente molestie ai condomini. L’obbligo di trasferire gli animali per ragioni igienico-sanitarie può verificarsi quando le immissioni (odore del pelo, bisogni fisiologici) siano illecite. Cioè, solo quando per la loro intensità e frequenza siano tali da cagionare l’insofferenza o provocare disturbi alla quiete o malessere alle persone di normale sopportazione e, come tali, devono essere eliminate. L’allontanamento di un animale si verifica raramente, quando ci sono dei comprovati motivi di ordine igienico-sanitario, o a causa di concentrazione eccessiva di animali in uno spazio abitativo”.
Animali esotici
Nel caso in cui i disagi siano cagionati da animali “esotici” ci si potrebbe trovare di fronte ad importazione clandestina e dunque illegale. Le autorità sono tenute a verificare le condizioni in cui sono tenuti gli animali, la legittimità del loro possesso e la compatibilità della loro permanenza nello stabile. In presenza di violazione della legge possono anche procedere al sequestro degli “ospiti”, per poi restituirli al loro habitat naturale, posto che l’importazione non autorizzata di tali specie è severamente sanzionata: il controllo in merito al possesso di animali “selvatici” è di competenza degli enti locali.
Regole di buon senso
Migliore di qualsiasi norma, comunque, resta il buon senso, come consiglia Sarah Pacetti. “Evitate che il vostro animale crei disturbo. Non lasciatelo solo in continuazione, libero di perlustrare i balconi dei vicini, e abbiate cura che non sporchi dove non dovrebbe. Se avete problemi nella gestione del vostro amico a quattro zampe rivolgetevi a un veterinario, un educatore o comportamentista che saprà darvi le giuste indicazioni. Premesso questo, se un cane o qualunque altro animale da compagnia non crea particolari problemi non c’è assemblea di condominio o qualunque altra autorità giudiziaria che possa imporne l’allontanamento, tranne che il regolamento di condominio sia di tipo contrattuale e che l’eventuale divieto di detenzione di animali sia esplicito”.
Le criticità
Nella casistica delle cause di liti condominiali, gli animali sono ai primi posti. I contenziosi nascono sempre dagli stessi motivi. E a prevalere non è il buon senso, da entrambi i lati. Ce li elenca Sarah Pacetti, pescando nella sua lunga esperienza di amministratore. Sporcizia nelle aree condominiali, cattivi odori, rumori molesti nelle ore più inopportune, l’aggressività di alcune razze di cane verso persone o altri animali, l’esplorazione, da parte dei gatti, di vasi di fiori, l’abitudine dei padroni a portare fuori i cani senza guinzaglio e museruola.
Dopo la riforma
La recente riforma, in tema di animali e vita condominiale, in sostanza non ha cambiato nulla. Nell’articolo 1138 del codice si legge che il regolamento non può porre limiti alle destinazioni d’uso delle unità di proprietà esclusiva né vietare di possedere animali da compagnia. Solo i regolamenti condominiali contrattuali, abbastanza rari perché redatti dai proprietari originari degli immobili, possono vietare la detenzione di animali.

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