- venerdì 24 febbraio 2012, 15:33
Edificio compromesso per sisma o incendio? Dopo la demolizione le regole per ricostruire
Il condomino che non partecipa alla ricostruzione è tenuto a cedere agli altri condomini i suoi diritti. I casi attraverso le sentenze della Cassazione
L’articolo 1128 del codice civile disciplina l’ipotesi di "perimento" dello stabile e la conseguente ricostruzione dello stesso, quando il perimento sia dovuto a “fatti accidentali cui sia rimasta estranea la volontà dei condomini”, quali ad esempio la rovina per vetustà, o a seguito di eventi sismici, di incendio, scoppio, di cause belliche, come precisa la Cassazione con sentenza numero 4102 del 28 giugno 1980. L’articolo 1128 non si applica invece né nell’ipotesi di esecuzione di un provvedimento di espropriazione per pubblica utilità, né di volontaria demolizione dell’edificio a scopo di ricostruzione, salvo il caso che le demolizioni si siano rese necessarie per evitare crolli, conseguenti alla vetustà dell’immobile, che avrebbero potuto cagionare danni a persone e cose.
Articolo 1128 del codice civile
“Se l'edificio perisce interamente o per una parte che rappresenti i tre quarti del suo valore, ciascuno dei condomini può richiedere la vendita all'asta del suolo e dei materiali, salvo che sia stato diversamente convenuto. Nel caso di perimento di una parte minore, l'assemblea dei condomini delibera circa la ricostruzione delle parti comuni dell'edificio, e ciascuno è tenuto a concorrervi in proporzione dei suoi diritti sulle parti stesse. L'indennità corrisposta per l'assicurazione relativa alle parti comuni è destinata alla ricostruzione di queste. Il condomino che non intende partecipare alla ricostruzione dell'edificio è tenuto a cedere agli altri condomini i suoi diritti, anche sulle parti di sua esclusiva proprietà, secondo la stima che ne sarà fatta, salvo che non preferisca cedere i diritti stessi ad alcuni soltanto dei condomini”. Sono due, quindi, le ipotesi prese in esame dalla norma del codice civile, secondo quanto ci spiega Marco Saraz. “Il perimento totale, o di una parte che rappresenti i tre quarti del valore dell’edificio, e il perimento parziale, inferiore ai tre quarti. Per stabilire se sia totale o parziale si possono adottare due criteri: calcolare e porre a confronto le parti distrutte con quelle superstiti e determinare se le prime siano almeno il triplo delle seconde o raffrontare il valore originario dell’edificio, prima della rovina, con il valore di quanto rimasto; se questo secondo valore rappresenta un quarto del primo si verifica l’ipotesi prevista dalla legge”.
Quando si estingue il condominio
Il perimento totale di un edificio condominiale determina l’estinzione del condominio, per mancanza di oggetto. Come ha affermato in diverse occasioni la Cassazione, “il condominio viene meno e permane soltanto la mera comunione sul suolo”. Tale aspetto giuridico assume rilievo perché ogni eventuale voto di assemblea degli ex-condomini che deliberasse “la ricostruzione dell’immobile vincolando i dissenzienti a contribuire alle spese sarebbe privo di qualsiasi efficacia nei confronti di questi ultimi”. La sentenza numero 1075 del 28 marzo 1958 stabilisce che “per la ricostruzione dell’edificio è necessario il consenso della totalità dei partecipanti” e che questa decisione non può formare oggetto di deliberazione condominiale. Ne consegue che l’assemblea non può deliberare a maggioranza la ricostruzione dell’intero edificio, comprese le parti di proprietà esclusiva, vincolando i condomini dissenzienti a sostenere le spese.
Soggetto giuridico
Poi, se il nuovo edificio così ricostruito risulterà identico a quello perito, il condominio risorgerà identicamente al precedente, diversamente “ove il fabbricato venga ricostruito in maniera difforme da quello preesistente, il condominio non rinasce”, ed ogni comproprietario originario (salvo diverso accordo scritto) andrà ad acquistare la proprietà di una quota ideale, corrispondente a quella che gli spetta sul suolo. Diversamente, quando il perimento è parziale, il condominio sopravvive come soggetto giuridico, con la conseguenza che ogni decisione inerente la vita dell’edificio è rimessa alla competenza dell’assemblea, la quale può deliberare con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti ed almeno la metà del valore millesimale dell’edificio (secondo e quarto comma dell’articolo 1136 del codice civile).
Ricostruzione delle parti
Il ripristino e la ricostruzione delle parti di proprietà esclusiva perite deriva solo dalla volontà del singolo proprietario, con la conseguenza che le spese dovranno essere sopportate unicamente da quest’ultimo; con l’unica deroga nell’ipotesi in cui la non ricostruzione dell’unità privata sia di impedimento per il riattamento delle parti comuni. Quanto a quegli elementi dell’unità immobiliare di proprietà esclusiva che si trovassero in regime di comproprietà con il confinante le spese saranno attribuite con gli stessi criteri del codice civile.
Condomino dissenziente
Se un condomino non vuole partecipare alle spese di ricostruzione, tale manifestazione di rifiuto deve essere esplicita e netta “non essendo sufficiente, a tal fine, un comportamento inerte o una semplice divergenza in ordine alle caratteristiche del nuovo edificio”. Se la maggioranza ha deciso a favore del ripristino dell’edificio perito, il condomino dissenziente potrà effettuare la cessione dei suoi diritti (sulle parti comuni e sulle esclusive) a favore degli altri ovvero di alcuni soltanto.
Indennità assicurativa
Quanto invece all’indennità assicurativa prevista dal terzo comma dell’articolo 1128 codice civile, che si riferisce alla polizza assicurativa contratta dal condominio, e non a quelle eventuali sottoscritte dai singoli proprietari relativamente alle unità immobiliari di proprietà esclusiva, questa andrà destinata alla ricostruzione delle parti comuni dell’edificio, non potendosi farne altro impiego, se non nell’ipotesi in cui i condomini decidano di non procedere alla ricostruzione dell’immobile.
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