immagine L’inquilino provoca danni? Il proprietario “corresponsabile” provvede all’indennizo
  • di Eugenio Barbieri
  • lunedì 10 ottobre 2011, 12:01

L’inquilino provoca danni? Il proprietario “corresponsabile” provvede all’indennizo

L’amministratore può inviare a casa del singolo proprietario un idraulico per individuare la causa delle infiltrazioni di umidità a danno del vicino

Sorpresa: l’inquilino fa danni nei lavori di ristrutturazione e il proprietario dell’appartamento è chiamato anche lui a pagare il risarcimento. Cosa non capita, nei rapporti di locazione. Il conduttore dell’immobile, dal canto suo, può ben far causa al condominio per le infiltrazioni d’acqua nei locali che occupa senza aspettare i comodi del locatore. Passiamo all’amministratore: non impegna in alcun modo il condominio se manda un tecnico a verificare l’infiltrazione lamentata da uno dei residenti nell’edificio, anche se ciò dovesse significare sfondare il muro del bagno; e può citare senza mandato dell’assemblea chi ha occupato un bene comune: dimostrare lo spoglio, tuttavia, non è sempre semplice.
È la Cassazione a fare il punto della situazione con le sentenze civili 17376, 17881, 18795, 16230, 15523 (tutte del 2011).

Lettera di fuoco
Cominciamo dalla sentenza 17376/11. L’azienda dà il via al rinnovo dei locali che occupa in affitto ma durante i lavori si sentono strani rumori fino all’appartamento del piano di sopra: i residenti, temendo danni che in seguito risulteranno dimostrati, scrivono subito al locatore dell’immobile diffidandolo a intervenire presso la società conduttrice. Cosa che non avviene. E qui sbaglia il proprietario del loft affittato all’azienda: nell’ordinamento, protesta lui, non esistono particolari obblighi di sorveglianza a suo carico, ma non intervenendo tempestivamente contro i guasti denunciati dai signori del piano di sopra il locatario ha concorso alla produzione del danno e, quindi, è responsabile in solido con la società “inquilina”. Intanto paga le spese processuali. E il risarcimento non sarà di poco conto: gli errori nella ristrutturazione hanno ridotto il coefficiente di stabilità del fabbricato ridimensionando quindi il valore dei singoli appartamenti.

Tortura della goccia
Passiamo alla sentenza 17881/11, che riguarda un negozio e non un appartamento, ma la sostanza non cambia. Il parquet e le mura dell’immobile sono infestati dall’umido: colpa di infiltrazioni d’acqua provenienti dal locale condominiale che funge da centrale idrica, composto in parte da un terrapieno: proprio da lì partono i rivoli che ammorbano il pavimento dei locali attigui. Inutile per il condominio eccepire che la vera vittima del danno sarebbe il locatore dell’immobile, dunque unico titolare del diritto al risarcimento: al conduttore, spiegano invece i giudici di legittimità, deve essere riconosciuta un’autonoma facoltà di azione per ottenere la declaratoria di responsabilità del terzo che gli ha arrecato un pregiudizio nella fruizione dei locali; non c’è dubbio che, in questo caso, quel “terzo” è proprio il condominio in quanto responsabile delle parti comuni, che oltre a pagare il risarcimento del danno risulta chiamato a rimuovere le cause della lesione.

Gaffe esclusa
Restiamo in tema di infiltrazioni d’acqua - un classico delle liti condominiali - con la sentenza 18795/11. Sbaglia nella specie la Corte d’appello: non commette alcun “autogol” l’amministratore condominiale che invia a casa del singolo proprietario un idraulico con il compito di stabilire da dove provenga l’infiltrazione d’acqua a lungo lamentata. E questo anche se per portare a termine il controllo risulta inevitabile praticare un foro nel muro dei locali di servizio dell’appartamento: l’incarico conferito al tecnico di procedere a tutti gli interventi necessari esclude di per sé l’assunzione di un’obbligazione in nome e per conto del condominio. È cassata con rinvio la sentenza che addossa la responsabilità al condominio, ignorando il consenso prestato dal padrone di casa all’intervento del tecnico di fiducia dell’amministratore: quest’ultimo agisce in buona fede, avvisando il proprietario alle prese con le macchie d’umido che l’obbligo di risarcimento a carico del condominio sarebbe sorto unicamente nel caso in cui la perdita fosse risultata ascrivibile ai tubi di proprietà comune. Insomma: ha davvero tempo da perdere chi se la prende con il condominio laddove l’infiltrazione d’acqua è riconducibile all’appartamento del piano di sopra.

Pieni poteri
Ancora sull’amministratore, nei panni di “sceriffo”, con la sentenza 16230/11: ci sono casi nei quali il “giustiziere” del caseggiato può agire senza mandato. Come accade quando chi edificò il comprensorio ha poi occupato abusivamente una porzione dell’area condominiale, ad esempio il cortile, vendendo un terzo il manufatto realizzato: l’amministratore può ben citare in giudizio l’uno e l’altro autonomamente, senza l’investitura ad hoc dell’assemblea. Che è successo? Dal seminterrato si ricava un magazzino, il tetto invade il giardino condominiale sottraendo spazio all’area di proprietà comune. E l’amministratore ha pieni poteri di rivolgersi al giudice in base al combinato disposto degli articoli 1130 e 1131 del codice civile, che gli conferiscono la facoltà di agire a tutela delle parti comuni: egli, infatti, adisce la giustizia per ristabilire l’integrità dell’area verde. L’acquirente del magazzino, dal canto suo, non ha buon gioco nell’eccepire che ignorava la natura abusiva della costruzione: sarà il giudice del rinvio a fare definitivamente chiarezza sul futuro del giardino.

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