- venerdì 14 giugno 2013, 09:57
Le parti comuni? Non sono divisibili
Solo il voto unanime può "sottrarre" un bene all'uso comune
L’approfondimento di questa settimana è dedicato agli articoli 1118 e 1119 del codice civile relativamente al diritto dei partecipanti sulle parti comuni dell’edificio ed al divieto di divisibilità dei beni condominiali.
Diritti dei condomini
L’art. 1118 c.c. afferma che il diritto di ciascun condomino sulle parti comuni è proporzionale al valore dell’unità immobiliare che gli appartiene. Ciò comporta che esiste un collegamento inscindibile tra le parti comuni e le proprietà esclusive che non può essere sciolto dalla mera volontà del singolo condomino. Per determinare tale valore si fa riferimento alle tabelle millesimali. La riforma conferma il divieto di rinuncia alla cosa comune che ricomprende anche l’impossibilità a rinunciare all’uso, chiedendo una riduzione delle spese perché ad esempio l’appartamento di proprietà esclusiva è disabitato. L’unica eccezione riguarda la possibilità di distacco dagli impianti di riscaldamento e di condizionamento centralizzati, purché non si verifichino squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini, fermo restando l’obbligo di continuare a contribuire alle spese per la conservazione dell’impianto condominiale, per la manutenzione straordinaria e la messa in sicurezza.
Indivisibilità
Le parti comuni dell’edificio non sono soggette a divisione, a meno che all’unanimità i condomini non abbiano deciso di sottrarre tali beni all’uso comune, sempre però nel rispetto della loro destinazione e senza pregiudicare il valore delle unità immobiliari. L’art. 1119 c.c. modificato dalla riforma non stabilisce l’indivisibilità assoluta, ma subordina comunque la divisione alla condizione di non pregiudicare il valore delle singole unità immobiliari rendendo più incomodo l’uso. Rientrano nell’ambito di applicazione del divieto le decisioni che sottraggono un bene all’uso comune per dividerlo tra i singoli condomini destinati a diventare titolari esclusivi di una quota del bene. Ovviamente si deve trattare di parti comuni divisibili dal punto di vista tecnico e deve essere escluso che alcuni condomini possano imporre la loro volontà a discapito degli altri, approvando una decisione che comporti differenti modi di godimento e pregiudicando gli interessi individuali. Non potranno quindi essere oggetto di divisione quelle parti che non sarebbero più in grado di assolvere la funzione comune cui erano destinate. Per una puntuale attuazione del contenuto della norma occorrerà guardare pertanto sia all’uso che i singoli possono fare della cosa comune, sia all’utilità che la cosa comune è in grado di assicurare per tutti i condomini.
Il concetto di parti condominiali
Occorre precisare che la nozione di condominio non coincide con il fabbricato, ma più precisamente ricomprende l’insieme dei beni e degli impianti dell’edificio per il servizio e l’utilità dei condomini. La costituzione del condominio si basa sulla relazione di accessorietà tra beni comuni e proprietà individuali e i soggetti titolari delle proprietà esclusive sono anche comproprietari dei beni comuni.
Ente di gestione
La riforma non definisce il condominio, ma dalla lettura sistematica delle norme del codice civile è possibile considerare il condominio come un ente di gestione privo di personalità giuridica distinta da quella dei suoi partecipanti. Di conseguenza la titolarità dei diritti sui beni e impianti comuni, farà capo ai singoli condomini.
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