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  • di Oliviero Franceschi e Daniele Cuppone
  • Venerdì 4 Dicembre 2015, 23:01

Con il canone concordato cedolare secca ridotta

Chi beneficia della mini aliquota al 10%. Entro lunedì il versamento dell'imposta


Poche ore al time out per il versamento degli acconti della dichiarazione dei redditi. Oltre all’acconto Irpef, Irap o Ires la scadenza riguarda anche chi ha affittato un appartamento con la cedolare secca.
Cedolare sì, cedolare no
La cedolare secca è un regime di tassazione delle locazioni di immobili ad uso abitativo e relative pertinenze, locati per finalità abitative, che sostituisce l’Irpef, le relative addizionali comunali e regionali e l’imposta di registro e di bollo dovute sul contratto di locazione. In altri termini, sul canone di locazione annuo si può pagare un’imposta sostitutiva del 21% per i contratti a canone libero e del 10% fino al 2017 per i contratti concordati, anziché tassare il reddito del fabbricato stesso con le modalità ordinarie.  Per chi ad esempio possiede diversi immobili affittati oppure ha altri redditi oltre quello della locazione e comunque raggiungerebbe in ogni caso un’aliquota Irpef elevata, il passaggio alla cedolare secca con un’aliquota del 21% o addirittura del 10% potrebbe costituire decisamente un bel risparmio. Al contrario per i redditi bassi la convenienza se si paga col 21% va valutata con attenzione, tant’è che abbiamo assistito inizialmente ad un vero e proprio flop dello strumento, dal quale l’amministrazione finanziaria invece si aspettava l’emersione di molti affitti in nero.
Novità per i contratti a canone concordato
La svolta della cedolare si è avuta con la diminuzione dell’aliquota per i contratti a canone concordato prima al 15% e ora al 10% (inizialmente era pari al 19%). La mini aliquota del 10% non durerà per sempre perché dal 2018 dovrebbe tornare al 15%, sempre e solo per i contratti a canone concordato, tuttavia molti contribuenti hanno fiutato l’affare. Ribadiamo però che sarebbe auspicabile estendere la riduzione all’aliquota anche ai contratti “liberi”, per combattere veramente il flagello degli affitti in nero e far respirare il settore immobiliare.
Più conveniente della tassazione ordinaria
A rendere ancora più appetibile la cedolare secca rispetto alla tassazione ordinaria è stata la contrazione della deduzione forfettaria Irpef sul canone. In parole semplici, il proprietario che affitta un immobile col regime ordinario (quello Irpef) storicamente pagava le tasse sull’importo annuale del canone di locazione diminuito di una deduzione a forfait del 15%, per compensare le spese sostenute. Tale deduzione invece non è presente nella cedolare secca, che al contrario prevede la tassazione integrale del canone sia pure con aliquota fissa indubbiamente conveniente per chi abbia redditi medi o elevati. Con l’approvazione della discussa legge Fornero, la cui copertura è stata trovata anche “pescando” in ambiti insospettabili come quello della tassazione sugli immobili, la deduzione forfettaria è stata ridotta al solo 5% con grande disagio del popolo dei tartassati.. Di conseguenza, mutando la convenienza relativa dei due regimi di tassazione, ciò sta favorendo il transito di diversi proprietari a basso reddito proprio nel campo della cedolare secca.
Pagare di meno
Innanzitutto nel ricontrollare se avete versato quanto dovuto come prima rata, tenete anche presente che la prima rata poteva essere rateizzata. Un po’ di pazienza perciò per cercare tutte le diverse rate e per verificare che siano state tutte effettivamente versate al fisco. E’ inoltre possibile versare meno di quanto risulterebbe in base alle indicazioni precedenti, a condizione che il proprietario preveda una minore imposta da dichiarare nella prossima dichiarazione: in questo caso infatti è possibile rideterminare gli acconti da versare proprio sulla base della minore imposta. Ciò potrebbe accadere, ad esempio, se nel 2015 la locazione è cessata, oppure se l’appartamento è stato riaffittato, in tempi di crisi, con uno sconto sul canone.
Acconto del 95%

Il fisco non guarda in faccia nessuno e com’è noto bussa alla porta dei contribuenti per l’acconto. Anche chi ha optato per la cedolare secca potrebbe essere interessato al tributo: occorre infatti pagare un acconto del 95% dell’importo indicato nel rigo RB11 colonna 3. La percentuale del 95% è dunque minore di quella dovuta per l’Irpef o per l’Ires che è invece pari al 100%. Per quanto riguarda invece il versamento, valgono in linea di massima le stesse modalità e scadenze dell’Irpef: l’acconto non è dovuto se l’importo del rigo RB11 colonna 3 è minore di 52 euro; se invece è pari o superiore a 52 euro si applica la percentuale del 95% e si versa tutto a novembre se l’importo dovuto è inferiore a 257,52 euro; se invece l’importo è pari o superiore a 257,52 euro la prima rata, pari al 40% del totale, si sarebbe dovuta versare tra giugno e agosto (eventualmente con la maggiorazione dello 0,40%), mentre la seconda rata pari al 60% va corrisposta all’Erario entro il prossimo 30 novembre, utilizzando il modello di pagamento F24 e il codice tributo “1841".
Esempio
Il signor Verdi è proprietario di un appartamento dato in affitto con contratto a canone libero dal 1° giugno 2013 al 31 maggio 2017. Il canone annuo è pari a 10.000 euro. Il Signor Verdi ha optato per la cedolare secca. Imposta sostitutiva dovuta per il 2014. Rigo RB11 colonna 3 (€ 10.000,00 x 21%) € 2.100,00. Acconto dovuto per il 2015. (€ 2.100,00 x 95%) € 1.995,00. 1° acconto (40% di € 1.995,00) € 798,00. 2° acconto 30 novembre (60% di € 1.995,00) € 1.197,00

(3 - fine)

Hanno collaborato Alberto Martinelli ed Enrico Rabitti



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