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  • di Oliviero Franceschi e Daniele Cuppone
  • Lunedì 6 Febbraio 2017, 10:21

Regimi agevolati, la "solitudine" del forfettario

L'unica chance, dopo l'abolizione nel 2016 del regime fiscale di “vantaggio” 


Molti contribuenti che per libera scelta (o perché costretti) aprono la partita Iva si affidano per i primi tempi ai regimi agevolati, quelli che dovrebbero consentire di risparmiare qualche cosa: ecco le regole da applicare nel 2017.
 
Obiettivo risparmio

Come molti amministratori di condominio, artigiani e operatori del pianeta casa sanno bene, quando si apre la partita Iva il contribuente cerca se possibile di risparmiare: si sa che le tasse e i contributi previdenziali sono alti, mentre le entrate non sempre sono sicure e soddisfacenti, specie nei primi anni.
Per questo il fisco mette a disposizione dei contribuenti che iniziano o che sono “più piccoli” quanto alle dimensioni di fatturato, dei regimi agevolati che permettano di alleggerire il carico fiscale complessivo e gli adempimenti da rispettare.
Nonostante il grande successo registrato negli anni passati il vecchio “regime fiscale di vantaggio”, quello dei “minimi” per capirci, l’anno scorso é stato mandato in pensione. Tuttavia il regime forfettario con le modifiche operate sempre lo scorso anno in alcuni casi potrebbe sostituirlo degnamente.
 
Le regole

Il regime forfettario può essere utilizzato solo se si rientra nei limiti di fatturato stabiliti dalla norma, limiti che nel 2016 sono stati aumentati perché evidentemente troppo contenuti. Nel 2015, infatti, quando il forfettario fu introdotto, per poterlo utilizzare occorreva avere dei livelli di fatturato talmente esigui da mettere fuori gioco gran parte dei contribuenti minori. I professionisti ad esempio dovevano avere ricavi sotto i 15.000 euro: tale limite è stato raddoppiato e dal 2016 è passato a 30.000 euro.
Per capire meglio di cosa si parla si tenga presente che 15.000 euro non sono l’importo che il contribuente si “mette in tasca” ma sono il totale degli onorari dell’anno, da cui quindi vanno detratte tutte le spese sostenute oltre che le tasse e i contributi previdenziali: non si tratta dell’importo netto di una busta paga ma di un lordo che spesso alla fine si riduce notevolmente.
Anche per le altre categorie produttive i limiti di ricavi non erano sempre sufficienti a consentire agli interessati di avvalersi del regime: per loro l’aumento è stato di altri 10.000 euro. 
 
I requisiti

Come abbiamo detto per accedere al regime forfettario i ricavi o compensi dell’anno precedente (ragguagliati ad anno e senza considerare gli importi derivanti dall'adeguamento agli studi di settore o ai parametri) non devono superare i limiti stabiliti (la tabella é nel box in basso). Inoltre bisogna che: le spese complessive per lavoratori dipendenti, collaboratori, lavoro accessorio e utili per associati in partecipazione non superino i 5.000 euro lordi; il costo complessivo dei beni strumentali alla chiusura dell'esercizio non superi i 20.000 euro. 

Esclusioni

Nonostante soddisfino i requisiti suddetti, non possono  comunque applicare il regime forfetario coloro che:
- si avvalgono di regimi speciali ai fini Iva o di regimi forfetari di determinazione del reddito;
- non sono residenti (con alcune eccezioni per i residenti nella Ue o in uno Stato aderente all'accordo sullo Spazio economico europeo);
- effettuano in via esclusiva o prevalente cessioni di fabbricati o porzioni di fabbricato, di terreni edificabili o di mezzi di trasporto nuovi;
- partecipano anche a società di persone, associazioni o Srl "trasparenti"
- hanno percepito redditi di lavoro dipendente e assimilati superiori a 30.000 euro, tranne il fatto che il rapporto di lavoro sia cessato (a meno che non sia stato percepito un reddito di pensione o un altro reddito di lavoro dipendente).
Attenzione: per chi invece ha adottato il regime forfettario nel 2015 si applica ancora la regola precedentemente in vigore e cioè che il reddito di lavoro autonomo sia maggiore di quello da lavoro dipendente: se ciò avviene scatta una causa di esclusione.  

Vantaggi

Per i fortunati che superano tutti gli ostacoli suddetti potrebbero dischiudersi le porte del risparmio fiscale, rappresentato dal pagamento di un’imposta del 15% sostitutiva dell’Irpef, delle addizionali regionali e comunali e dell’Irap. L’imposta sostituiva scende al 5% per chi comincia, sempre sotto precise condizioni. Inoltre, chi accede al forfait è esonerato dagli obblighi contabili ai fini Iva (compreso la dichiarazione annuale) e delle imposte sui redditi, non è soggetto a ritenute, non è sostituto  d’imposta (anche se deve riportare in dichiarazione i compensi pagati a tal fine con il codice fiscale del precettore), è escluso dall’applicazione non solo dell’Irap ma anche degli studi di settore e dei parametri, sebbene siano tenuti a fornire alcune informazioni nella dichiarazione dei redditi.
Il nome forfetario dato al nuovo regime deriva dalle modalità di calcolo del reddito: questo si ottiene applicando una semplice percentuale a forfait su un’altra percentuale dei ricavi realizzati. Entrambe le percentuali variano a seconda del tipo di attività svolta.
 
Le imposte

Chi applica il nuovo regime dovrà determinare il reddito calcolando una percentuale sui ricavi conseguiti e poi moltiplicare il risultato per la seconda percentuale che è l’aliquota del 15% o del 5%. Per il versamento valgono invece le stesse regole in vigore per l’Irpef quanto a modalità e scadenze.
Come accennato in precedenza, nell’ambito  del  regime forfetario  è prevista un’ulteriore forte agevolazione per chi comincia una nuova attività: nel rispetto di determinate condizioni l’imposta sostitutiva scende dal 15% al 5%. Ne parleremo meglio nella prossima puntata.
 

Hanno collaborato Alberto Martinelli ed Enrico Rabitti
 
 

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