immagine Tassa di soggiorno per la casa vacanze: ecco cosa rischia chi non paga l’imposta dovuta
  • Domenica 13 Maggio 2018, 10:25

Tassa di soggiorno per la casa vacanze: ecco cosa rischia chi non paga l’imposta dovuta

La tassa di soggiorno è un’imposta comunale che viene applicata a turisti e clienti che pernottano per più notti presso strutture ricettive di qualsiasi tipo, dall’albergo alla casa vacanze, in base al periodo di soggiorno. La tassa è stata istituita nel 2011 con Decreto Legislativo nell'ambito della riforma sul federalismo fiscale. Essa consente agli Enti locali di far cassa ed ottenere, così, fondi per i bilanci pubblici da investire nella riqualificazione urbana. Pagarla è dunque un dovere di legge che, se non ottemperato, può portare a sanzioni amministrative ed addirittura penali, sia per il turista che per l’albergatore.

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Nascendo come tassa sul soggiorno turistico, questa imposta deve essere corrisposta da tutti coloro che alloggiano nelle strutture ricettive di luoghi turistici e città d'arte. A classificare quali siano i luoghi turistici e le città ad interesse turistico e artistico che devono applicare la tassa di soggiorno è lo stesso Decreto Legislativo.
Generalmente tutti i capoluoghi di provincia e le città di interesse storico, culturale ed artistico di cui la nostra penisola è ricca. Appare dunque chiaro che questa imposta deve essere pagata su qualsiasi pernottamento, sia esso in hotel sia in un Bed & Breakfast o casa vacanze. Fino a pochi anni fa la tassa di soggiorno veniva corrisposta solo su determinati tipi di vacanze e strutture. Con il D.L. 50/2017 è stata, invece, introdotta una modifica importante al Decreto del 2011, che impone il pagamento della tassa di soggiorno anche su affitti turistici brevi e su strutture non professionali. Cosa significa dunque? Se dal 2011 solo alberghi, hotel e Bed & Breakfast regolarmente denunciati applicavano l’imposta, oggi anche chi decide di affittare una stanza della propria casa, magari attraverso portali come Booking o AirBnB, oppure decide di affittare una casa vacanze di proprietà è tenuto a far pagare questa tassa.

L’entità della tassa di soggiorno varia però da Comune a Comune, il quale è lasciato libero dalla legge di applicare una trattenuta in percentuale al prezzo pagato oppure in quota fissa, applicando possibili esenzioni per minorenni oppure disabili ed anziani. Tutto questo purchè la somma dell'imposta non superi i 5 euro per notte. Non tutti gli Enti locali applicano la tassa di soggiorno, ma nelle maggior parte delle località turistiche essa viene imposta, anche perché il gettito ricavato - è destinato a finanziare interventi in materia di turismo, manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali e ambientali locali e dei relativi servizi pubblici locali - come dice il Decreto Legislativo del 2011. Alcuni Enti applicano, infine, questa imposta solo in alcuni periodi dell’anno, quando l'afflusso turistico è più intenso. E’ quindi utile accertarsi sempre se la tassa è dovuta (sia come clienti che come gestori) oppure no.

Quanto dovuto dal turista / cliente viene calcolato semplicemente moltiplicando il numero degli ospiti per i giorni di pernottamento, per la tariffa applicata (percentuale o prezzo fisso). Si tratta dunque di un costo in più rispetto al prezzo richiesto per notte della stanza o per casa vacanze, specificato normalmente in fase di prenotazione sia dalla struttura che dai siti internet di prenotazioni. Normalmente il prezzo oscilla tra 1 e 2 euro, ma la somma varia in base alla tipologia di alloggio che si sceglie. La tassa deve essere pagata preferibilmente in contanti per evitare che rientri nel costo del pernottamento e per favorire il gestore turistico nell'incasso dell'imposta. Generalmente il prezzo della tassa di soggiorno è maggiore se si pernotta in strutture di lusso o cinque stelle, mentre tende a calare con il diminuire delle stelle. Le case vacanze e gli affitta camere, normalmente, hanno i costi minori. I gestori che si apprestano a far pagare per la prima volta questa imposta possono conoscere la percentuale da applicare rivolgendosi al proprio Comune oppure visitando il sito internet istituzionale di competenza territoriale. In conclusione è bene sapere che alcuni comuni, dopo il quarto giorno di pernottamento consecutivo, non applicano più la tassa per le successive notti.

Trattandosi di una vera e propria imposta risulta dunque obbligatoria. Per questo, se la tassa di soggiorno non viene pagata, si rischiano sanzioni amministrative ed addirittura penali. Tecnicamente il responsabile d’imposta, cioè colui che è tenuto per legge a pagare la tassa al Comune, è il gestore dell’attività ricettiva, mentre il cliente è il soggetto d’imposta, cioè colui che è tenuto a versare al gestore la quota stabilita. In tutto questo sistema possono però sorgere dubbi su chi sia in realtà il soggetto punibile in caso di mancato pagamento e versamento. Facciamo dunque chiarezza su responsabilità e rischi in cui possono incorrere il gestore ed il cliente.

Cosa rischia il gestore
Dal punto di vista prettamente amministrativo, se il gestore dell’albergo o della casa vacanze non versa al Comune la quota incassata come tassa di soggiorno, esso può essere multato con una somma che oscilla tra 25 e 500 euro ai sensi dell’articolo 7-bis, comma 1, del Decreto Legislativo 267/00. Nello specifico, la multa viene applicata sia che il mancato pagamento sia totale (dell'intera somma omessa e non versata), che parziale (il mancato pagamento, ad esempio, di un mese di tassa), visto che in quest'ultimo caso, sussisterebbe la malafede del gestore nel dichiarare quanto incassato. Il proprietario della struttura ricettiva però, omettendo il pagamento all’Ente pubblico, rischia molto di più che una sanzione amministrativa. E' soggetto infatti anche ad una condanna per peculato, un reato penale. La pena prevista per questo tipo di reato prevede addirittura il carcere. Si va da un minimo di 6 mesi ad un massimo di 3 anni di reclusione nel caso il gestore abbia fatto un uso momentaneo del denaro per poi restituirlo al Comune; da 4 anni a 10 anni di carcere se i soldi non sono mai stati restituiti e non ci sia l'ammissione della sottrazione di soldi.
Con il moltiplicarsi dei siti internet di prenotazione, ultimamente, sono aumentate in maniera esponenziale le "evasioni" di questo tipo. Molti sono, infatti, i gestori di strutture turistiche che non versano la tassa agli Enti Istituzionali territoriali, ma che in questa maniera rischiano pesanti conseguenze sia dal punto di vista amministrativo sia dal punto di vista penale. Nel periodo estivo si intensificano, infatti, i controlli delle forze dell'ordine sul pagamento della tassa di soggiorno. E' opportuno dunque prestare attenzione e compiere tutto nella maniera più regolare possibile. Al fine di evitare inconveniente in eventuali controlli è buona regola conservare le ricevute dei pagamenti dell’imposta di soggiorno e la documentazione per esenzione per almeno 5 anni, da esibire quando richieste dal Comune. Una tantum, anche nel caso che le somme siano state versate regolamente dal Gestore, si possono verificare dei controlli. Per provare che si è in regola occorre perciò esibire le ricevute di incasso della tassa e di versamento della stessa.

Cosa rischia il turista o cliente
Anche il cliente e/o turista che non paga la tassa di soggiorno può incorrere nella stessa sanzione amministrativa a cui è soggetto il gestore struttura turistica. Una multa da 25 euro a 500 euro (proporzionale all’entità della somma non versata) potrebbe essere infatti applicata non tanto dall'albergatore quanto dal Comune che richiede l'imposta. Il gestore dell’attività ricettiva sarà tenuto a comunicare all’Ente locale le generalità del cliente e la somma non pagata. Oltre alla multa per il mancato pagamento della tassa, il cliente dovrà comunque versare l’importo dell’imposta di soggiorno dovuta. Il gestore, in questo specifico caso, non rischia invece nulla. Esso è solo ed esclusivamente tenuto a versare quanto riscosso, non a far rispettare la legge. La Corte dei Conti, con una delibera del gennaio 2013, ha infatti stabilito che i gestori delle strutture turistiche sono dei semplici agenti contabili dell'Ente comunale, e non possono essere identificati come sostituti di imposta. Per ovviare a queste formalità dunque gli host devono far compilare al cliente che si rifiuta di pagare il Modello 21.

Il cliente, per contro, può infatti rifiutarsi di versare la tassa di soggiorno dovuta per legge, compilando e firmando l'apposito modulo previsto dal Comune. In questa dichiarazione il cliente si assume la piena responsabilità del mancato pagamento della tassa di soggiorno, inserendo i propri dati anagrafici, quelli delle eventuali persone che lo accompagnano, i dati della struttura ricettiva sia essa albergo o casa vacanze dove ha soggiornato e firmando in calce. Con questa dichiarazione il Comune, può rivalersi sul turista chiedendo il rimborso di quanto dovuto e applicando, qual ora lo ritenga opportuno, anche una sanzione amministrativa.

E’ possibile non pagare la tassa di soggiorno? La risposta è sì, ma solo se rientrate in una particolare categoria di persone per le quali la legge prevede un'esenzione. Il Decreto del 2011 prevede, infatti, delle specifiche dispense per talune categorie di ospiti, in primo luogo per i cittadini residenti nel territorio di interesse. In aggiunta, a seconda di quanto previsto dal regolamento di competenza territoriale, possono ritenersi esenti dal pagamento dell’imposta anche: minori di età sotto i 10 anni (in alcuni casi fino a 14 anni), anziani over 65, portatori di handicap o persone malate, dipendenti delle forze dell’ordine e lavoratori comunali, oltre ad autisti di pulmann e guide turistiche. Ovviamente per accedere a queste esenzioni sarà necessario presentare appositi certificati o attestati e documenti che comprovino l’appartenenza ad una delle categorie sopra citate.

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