- lunedì 25 giugno 2018, 13:25
Comprare senza fare il mutuo con il “rent to buy” o il leasing
Consentire l’acquisto di una casa a persone che non dispongono della liquidità immediata o non hanno la possibilità di accedere ad un mutuo, è lo scopo di due istituti previsti nel nostro ordinamento: il rent to buy ed il leasing immobiliare abitativo.
La caratteristica comune è che l’acquisto dell’immobile viene ripartito in due fasi temporali. In un primo momento il futuro acquirente può godere dell’immobile, a fronte del pagamento di un canone; ma il contratto prevede sin dall’inizio che al termine del periodo di godimento il conduttore (futuro acquirente) possa optare per l’acquisto definitivo dell’immobile, versando un prezzo residuo predeterminato.
Naturalmente sono molte le differenze, pertanto per orientare i cittadini è necessario evidenziare le più rilevanti sotto svariati punti di vista: il rent to buy può avere ad oggetto qualsiasi tipologia di immobile, mentre il leasing abitativo può riguardare solo fabbricati ad uso di abitazione, anche se in fase di costruzione.
Il rent to buy può essere concluso indifferentemente da persone fisiche, società o altri enti di qualunque tipo e oggetto, sia con riguardo alla figura del concedente sia a quella del conduttore/possibile acquirente; il leasing abitativo invece è molto più specifico, in quanto il concedente può essere soltanto una banca o un intermediario finanziario, e anche l’utilizzatore/ futuro acquirente deve essere necessariamente una persona fisica, per un immobile adibito ad abitazione principale.
Il contratto di rent to buy può essere sin dall’inizio trascritto nei Registri Immobiliari, assicurando al futuro acquirente una piena tutela, fino al momento dell’eventuale acquisto e per un periodo massimo di dieci anni, nei confronti di eventuali formalità pregiudizievoli che dovessero colpire l’immobile durante il “periodo di godimento”. La legge tace invece quanto alla possibilità di trascrivere il contratto leasing, a cui si potrebbe giungere – in via interpretativa–applicando la disciplina sulla pubblicità della locazione ultranovennale ovvero – direttamente – qualora il contratto di leasing sia contenuto nello stesso documento contrattuale contenente la compravendita immobiliare stipulata tra la banca/società di leasing e il terzo venditore.
Nel contratto di rent to buy devono obbligatoriamente essere specificate le due componenti del canone di godimento, cioè quanta parte del canone funga da corrispettivo d’affitto e quanta parte costituisca acconto del futuro eventuale prezzodi vendita, in quanto,in caso di mancato esercizio del diritto all’acquisto, il concedente ha diritto alla restituzione della quota dei canoni imputata in conto prezzo (salvo diverso accordo delle parti); laddove invece la disciplina del leasing non prevede affatto tale obbligo di “ripartizione” del canone, né tantomeno, in caso di mancato esercizio dell’opzione di acquisto, alcun diritto di rimborso in favore dell’utilizzatore in relazione ai canoni già versati, nonostante senza dubbio gli stessi canoni comprendano una rilevante componente finanziaria (in effetti nel contratto di leasing il mancato esercizio dell’opzionecostituisceuncaso più teorico che pratico e di fatto non avviene - quasi - mai, poiché al termine del periodo di godimento l’utilizzatore ha già versato quasi tutto il prezzo di acquisto, che perderebbe irrimediabilmente in caso di mancato acquistodell’immobile).
Le agevolazioni fiscali, di durata limitata sino al 31 dicembre 2020, riconosciute in relazione al contratto di leasing e alla compravendita stipulata in esecuzione del medesimo (detrazioneIrpef -peri contraenti con reddito non superiore ad € 55.000 - del 19% dei canoni e del prezzo di riscatto finale, rispettivamente di importo massimo di € 8.000 ed € 20.000 per contraenti di età inferiore a 35 anni, e di importo massimo di € 4.000 ed € 10.000 per contraenti di età pari o superiore a 35 anni, nonché in ogni caso riduzione imposta di registro in caso di agevolazioni prima casa per l’utilizzatore) sono probabilmente in parte controbilanciate dall’impossibilità di applicare, all’atto di acquisto dell’immobile da parte della banca/concedente, la tassazione sul cosiddetto “prezzo-valore”, cioè sul valore catastale dell’immobile, per cui l’aliquota è sì ridotta (1,5%), ma si applica ad una base imponibile ben più elevata, cioè al prezzo effettivo di acquisto e non al semplice valore catastale, quasi sempre sensibilmente inferiore al primo.
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