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con la presenza di colf o badante
  • di Bruno Benelli
  • Lunedì 27 Marzo 2017, 09:56

Videosorveglianza compatibile con la presenza di colf o badante

Indispensabile informare, avere consenso preventivo e garantire riservatezza
 

“Vivo con mia moglie in un appartamento molto grande (circa 220 metri quadrati), ben arredato e con alcuni quadri, tappeti e soprammobili di buon valore. In casa entrano molti amici e conoscenti, e vive con noi una tata per 8 ore al giorno, senza alloggio. Per tutelare i miei beni vorrei mettere in casa un impianto di videosorveglianza. Credo che ciò rientri nei miei diritti, ma la presenza della collaboratrice mi fa venire alcuni dubbi. Secondo lei posso fruire dell’impianto senza un domani essere accusato di illecito controllo sul lavoro della donna?”.
 
Impianti di sicurezza nell'abitazione
 
La lettera a noi giunta pone il problema  della installazione di un impianto di videosorveglianza collocato in un’abitazione privata all’interno della quale è presente un lavoratore domestico e della necessità o meno di chiedere un’autorizzazione in proposito.  Possiamo fornire una probante risposta ai dubbi sulla base proprio di  una nota (n. 1004/2017) dell’Ispettorato nazionale del lavoro, con la quale  viene richiamata la sentenza 585/1987 con la quale la Corte costituzionale ha chiarito che il  rapporto di lavoro domestico per la sua particolare natura si differenzia, sia in relazione all’oggetto, sia in relazione ai soggetti coinvolti, da ogni altro rapporto di lavoro.
 
La Consulta ammette una disciplina speciale
 
Esso infatti non è prestato a favore di un’impresa che ha, nella prevalenza dei casi, un sistema di lavoro organizzato in forma plurima e differenziata, con possibilità di ricambio o di sostituzione dei lavoratori subordinati. Al contrario è prestato a  un nucleo familiare ristretto ed omogeneo, destinato a svolgersi nell’ambito della vita privata quotidiana di una limitata convivenza. Sulla base di queste  caratteristiche,  tipiche del rapporto di lavoro domestico, i giudici della Consulta hanno confermato in via di principio la legittimità di una disciplina speciale anche derogatoria ad alcuni aspetti di quella generale.
 
Le caratteristiche del lavoro domestico
 

Il rapporto di lavoro domestico, in considerazione della peculiarità dello stesso, sin dall’origine ha goduto di una regolamentazione specifica, che, per l’appunto, tiene conto delle speciali caratteristiche che contraddistinguono la prestazione lavorativa resa dal lavoratore, l’ambiente lavorativo e, fattore non irrilevante, la particolare natura del datore di lavoro. E’ quindi evidente che anche le fasi di estinzione del contratto di lavoro domestico sono disciplinate da una normativa che  si allontana dalle regole generali che assistono ordinariamente il momento di interruzione del legame negoziale fra le parti interessate.
Risultato? Il rapporto di lavoro domestico  non è soggetto  alla tutela dello Statuto dei lavoratori (legge 300/1970) in quanto  il datore di lavoro è un soggetto privato non organizzato in forma di impresa. Non siamo, in altre parole, in una attività di impresa con la propria tipica dimensione “produttivistica” e quindi  non si  possono applicare condizioni proprie dello Statuto, che pone il divieto di indagini su profili del lavoratore non attinenti alle sue attitudini professionali e che trova piena cittadinanza anche nell’ambito del lavoro domestico. Attenzione però:  il fatto che il  lavoro domestico  sia fuori dal campo di applicazione  dell’art. 4 della legge  300/1970 non esclude che vada rispettata la ordinaria disciplina sul trattamento dei dati personali, per cui va bene  l’impianto di videosorveglianza, ma sempre con: 1) la tutela del diritto del lavoratore alla riservatezza; 2) la necessità di avere il consenso preventivo  delle collaboratrici; 3) l’obbligo di comunicare la situazione agli interessati.
 
 

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