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Francesco Piccirilli a Milano:
«Via Padova surreale, lavoro
da casa e leggo molto»
  • di Andrea Giannini
  • martedì 14 aprile 2020, 11:04

Rieti, coronavirus, il web analyst Francesco Piccirilli a Milano: «Via Padova surreale, lavoro da casa e leggo molto»

RIETI - La Lombardia è stata ed è ancora oggi la regione più colpita dal coronavirus. Molti tra studenti e lavoratori hanno lasciato le città del nord per tornare dai propri cari nel centro-sud, altri hanno preferito non muoversi e tenere alto il senso civico. Un esempio è quello Francesco Piccirilli, 29 anni, reatino, laureato in Economia aziendale a Firenze e web analyst per una società che ha sedi dislocate in tutta Italia. Francesco vive e lavora a Milano da ben due anni. Le sue parole a strettissimo contatto con l’emergenza.

Piccirilli, lei vive a Milano, nel centro della pandemia, qual è la situazione in citta?
«Ciò che posso dire è frutto di cosa vedo solo dalla mia finestra, che si affaccia su via Padova, diciamo una zona non molto tranquilla nella quotidianità... Detto ciò, fa molto strano che sia così silenziosa e vuota. È sempre stata una via multietnica ed ora che vedo solo italiani posso pensare che la maggior parte delle persone sia ripartita per i propri paesi di origine. Quando mi affaccio vedo una situazione un po’ surreale. In un via dove c’è sempre casino, urla, oggi c’è un silenzio tombale. Tutto ciò mi lascia di stucco».

Qual è il motivo per il cui il numero di contagi è così elevato?
«Dicimao che i contagi stanno diminuendo rispetto al boom iniziale. Si fanno sentire le misure prese dal Governo che ha bloccato la maggior parte delle imprese e la quotidianità in senso stretto. All’inizio tutto ciò ha portato quella che in psicologia è chiamata reattanza. Un reazione psicologia negativa quando si vede limitata la propria libertà di azione ed ha avuto un impatto negativo. La persona che subisce questa reattanza va a compiere quelle azioni che sono controproducenti e ciò ha portato a una estrema diffusione del virus. Successivamente c’è stata una presa di coscienza, abbiamo dimostrato e stiamo dimostrando di essere una grande nazione. Certo, le eccezioni non mancano...».

Molte persone al diffondersi dell’emergenza hanno reagito istintivamente e hanno lasciato le città del nord. 
«Quando c’è la percezione di un evento pericoloso nel nostro cervello si attiva quella che è chiamata fight or flight, ossia combatti o fuggi. Alcune persone rispondendo emotivamente a questo evento sono tornate alle proprie abitazioni non pensando ai rischi che ciò poteva portare, mentre altri hanno preferito “combattere” questo virus e sono rimaste. Sono state più lucide emotivamente. Io sono sempre stato abbastanza sicuro nel rimanere qui. Penso sia stata la scelta migliore perché è un ottimo modo per limitare i contagi».

Come trascorre le giornate chiuso in casa?
«Ho la fortuna di avere un lavoro che mi permette di lavorare da casa. Essendo un lavoro soprattutto di analisi, basta un computer e una connessione. La mia azienda è stata velocissima nel far fronte a questa emergenza e ci ha dotati di strumenti e di un’organizzazione che ci permette di lavorare da casa senza abbassare la nostra performance. A me essenzialmente non è cambiato molto. Se nella quotidianità mi svegliavo la mattina per andare a lavoro e tornavo a casa alle 18, ora faccio la stessa cosa ma resto a casa. Ovviamente mi sveglio con più calma, più sereno, non devo buttarmi nel caos di Milano e lavoro con tranquillità. Sono molto più rilassato, concentrato, sto meglio. Milano ti succhia energie. La possibilità di rallentare mi ha permesso di avere più tempo e di essere meno stanco. Diciamo che sto prendendo gli aspetti positivi di questa situazione. Non si può uscire, non possiamo divertirci è vero, ma secondo me questa è una situazione più unica che rara per lavorare sul alcuni aspetti che vengono mesi da parte. In riferimento a te stesso per esempio: puoi scavare dentro la tua persona, puoi scoprire nuove abitudini positive ed eliminare quelle negative. Personalmente ho adottato nuove abitudini. Io sono una persona che legge molto e ho letto tre libri in due weekend. Devo dire che secondo me bisogna guardare gli aspetti positivi. Ho fatto un corso di fotografia online e tante altre cose. Non è più: “ho tempo libero ed esco”, adesso è: “ho tempo libero e imparo”».

Dunque lo smart working strumento necessario…
«Penso che ogni crisi porti delle opportunità e dei cambiamenti. Nel modo di lavorare, lo Smart Working è uno strumento molto importate. Nella cultura italiana del lavoro c’è poca fiducia, troppo controllo. Per esempio devi uscire dopo il capo per fare bella figura. Questo dal mio punto di vista è completamente sbagliato, bisogna ragionare per obiettivi e non per ore lavorative. Spero che questa “disgrazia” porti opportunità. Sono contento che lo smart working sia arrivato, lo chiedevo da molto. Spero che molti lavoratori capiscano che non serve spostarsi, non serve inquinare con i mezzi, non serve buttare ore di viaggio. Dove è applicabile questo è uno strumento eccezionale».

E per andare a fare la spesa?
«Ho la fortuna di potermi affacciare e vedere la fila del supermercato quindi so quando poter andare senza la fila, ho capito gli orari. Un po’ di tempo lo risparmio così. Nei supermercati più grandi so che i miei colleghi ci mettono addirittura due ore o più. Ovviamente sei in fila con guanti e mascherine, guanti che vengono distribuiti dal personale. È molto particolare. Tutti sono in fila, tutti rispettano in silenzio, le distanze di sicurezza e se provi ad avvicinarti di pochi centimetri la persona davanti si sposta di quei centimetri. Quando siamo dentro ci muoviamo normalmente. Ovviamente si cerca sempre di stare lontano dalle altre persone. Ho fatto solo una volta la spesa online, adesso è improponibile, ti arriva dopo 20 giorni. Quando l’ho fatta non mi è arrivato praticamente nulla. Il Comune di Milano ha creato una piccola mappa dove ci sono dei piccoli alimentari, ti scegli il negozio più vicino a puoi fare la spesa online. Inoltre molte persone pur di uscire, ogni giorno le vedi passare per andare al supermercato. Lasciamo stare...».

Come secondo lei sarà il ritorno alla normalità?
«La voglia di tornare alla normalità c’è sicuramente ma questo non deve creare frenesia. Dobbiamo rispettare i tempi, tutte le misure che ci sono state imposte. Sarà bello vedere come siamo cambiati. Anche il semplice uscire con un amico oppure andare in un locale, sarà curioso come saranno i rapporti. Sarà una vita 2.0».

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